La
Grotta dei Morti
di
Lodovico Mertl
(Trascrizione
dell'articolo apparso su “Il Tourista” dell'11 Ottobre 1894. La collezione de "Il Tourista" è conservata presso il Civico museo di storia naturale Ferdinando Massimiliano di Trieste)
Addì
13 Maggio a. c. Domenica di Pentecoste avevamo, sotto
la direzione del consocio sig. L. Petritsch, esplorato quasi la metà
di questa profonda fovea. Eravamo cioè giunti a 115 metri di
profondità, allorchè l'ora tarda ci fece sospendere il lavoro
sotterraneo che aveva durato indefesso dalle 8 ant. alle 1 ½ pom. Il
ritiro degli attrezzi ci costò 3½ ore di penosissimo lavoro; alle 5
pom. eravamo fuori del pozzo e caricati gli attrezzi sulle carriuole,
li trasportammo al deposito di Padrich.
Era
nostra intenzione di continuare l'esplorazione qualche settimana più
tardi allorchè ci giunse la notizia, che l'ingresso della fovea
venne chiuso per mezzo d'una grossissima pietra. Prese le debite
informazioni e saputo che la grotta appartiene al nostro Comune,
decidemmo d'attendere preparandoci alla finale esplorazione dopo
ottenuto il permesso dall'inclito Magistrato Civico. Parecchi dei
nostri soci dovevano usufruire nella seconda metà del mese d'Agosto
di qualche settimana di ferie; si giudicò quindi quella l'occasione
favorevole e si fece regolare domanda all'inclito Magistrato Civico
addì 4 Agosto p. p.
Già
allora tutto era pronto fuorchè il telefono, chè causa disparate
opinioni non si sapeva di qual sistema preferire.
Addì
19 Agosto p.p. in seguito a conchiuso delegatizio del
16 Agosto l'inclito Magistrato Civico concedeva al nostro Club il
permesso di esplorare “nella grotta dei morti nel Monte Spaccato
a condizione però che gli eventuali lavori vengano eseguiti verso
osservanza delle cautele corrispondenti al caso, sotto la direzione
di persone approvate in arte da insinuarsi in via breve al civico
Ufficio edile.”
Riservandoci
di rettificare in seguito l'erronea denominazione della situazione
della grotta, decidemmo il trasporto col carro-deposito dei materiali
da Prosecco a Trebich e i soci Fischer e F. Mertl lo eseguirono.
Intanto
il vicepresidente, accompagnato dal consocio l'on. sig. Dollenz,
consigliere municipale, si recava dal direttore dell'ufficio edile
Dr. Boara e dall'assessore Dr. Pimpach, per avere delucidazioni circa
alla condizione imposta dall'inclita Delegazione municipale.
Ottenutele
il giorno dopo s'insinuava la persona approvata in arte e l'inclito
Magistrato chiedeva si fissi un'epoca, al che si corrispose
all'indomani.
Cinque
consoci si sobbarcarono al non facile compito di trasportare il
materiale (circa 600 chilogrammi), da Trebich all'ingresso della
caverna. Son degni d'ammirazione il coraggio, la costanza e la
bravura di questi cinque giovanotti, i signori Citter, Androvich,
Sanzin, Mertl F. e Pucalovich che da soli disimpegnarono con la
massima celerità ed esattezza tale difficile compito, attraversando
col carro: i greppi e le roccie carsine e la ripidissima e franosa
strada che forma l'insellatura del Monte Spaccato fino al punto ove
si congiunge al sentiero per Padrich; da qui all'ingresso della
caverna trasportando il materiale a forza di braccia e spalle su per
la scoscesa china del Cal, imboscata a quercetto ceduo. Il terreno
coperto da un'erbetta secca e tagliente, su cui il piede scivola come
sul ghiaccio, attraversato da frane di ciottoli rottolati a valle
dallo scolo naturale delle acque, sbarrato continuamente da
arboscelli, da arbusti e da cespugli, è pessimo.
Finito
il trasporto del materiale Sabato
25 Agosto a.c. alle ore 7 ant. si incominciò a
preparare l'accampamento. Pochi passi all'ingresso della fovea in
direzione di Miramar venne rizzata la tenda su uno spiazzo
orizzontale protetto da una parete calcare. Alla sommità di questa
venne inalberata una bandiera.
Con
l'aiuto dei signori Griesser e Verdier il materiale d'esplorazione
venne disposto in bell'ordine nella tenda. Questa venne rizzata in
modo da albergare soltanto 6 persone, visto che il soggiorno lassù
doveva durare ininterrotto per almeno dieci giorni e dieci notti.
Nel
pomeriggio, levata la pietra che ottura l'ingresso venne fissata una
prima scala di corda della lunghezza di 70 m. Alcuni forti arbusti
crescenti a monte dell'ingresso, che s'apre a livello del suolo
servirono all'uopo. La scala vi scorse senza accidenti ed io discesi
per primo, come lo voleva il mio compito di caposquadra. Questo primo
pozzo, dalla sezione orizzontale ovoide, ha le pareti lisce ed
asciutte, una massima larghezza di 6 m., che a 18 m. di profondità
uno sprone naturale restringe a 3 m. Una trave di 2.50 m., ancora ben
conservata vi è fissata ed impedisce la caduta dei detriti.
Proseguo
la discesa ed a 42 m. di profondità metto il piede su di un
pianerottolo artificiale, maestrevolmente costruito, su cui
un'enorme quantità di pietre, di tronchi e rami d'albero, di terra,
di resti di legname da costruzione causa il peso e l'umidità col
tempo si trasformò in una massa quasi compatta. Le pareti dallo
sprone fin qui sono umide e coperte di fango.
Dò
il segnale di discesa e vengo bentosto raggiunto da Androvich e
Sanzin; ispezionate le travi di sostegno del pianerottolo e trovatele
in cattivo stato, ne prendiamo le misure per sostituirle. Nello
sfondo del pianerottolo si trova un muro alto 1.20 m. chiudente uno
spazio riempiuto con massi di pietre.
Stavamo
per proseguire allorchè dall'alto risuonò il segnale dell'ascesa.
Meravigliati,
risaliamo; e qui ci aspetta la sgradita sorpresa dell'ordine da parte
della Direzione di sospendere i lavori.
Alle
sei pom. una guardia municipale ci conferma l'ordine da parte
dell'inclito Magistrato Civico.
I
signori Androvich e Pucalovich s'assunsero l'ispezione notturna; gli
altri si recarono in città per notizie.
Recatosi
il vicepresidente dall'assessore Dr. Pimpach veniva a sapere che la
sospensione era stata deliberata causa protesta della Società Alpina
delle Giulie, la quale avendo ottenuto il permesso d'esplorazione
qualche tempo prima del Club Touristi Triestini pretendeva il diritto
di prelazione. Il vicepresidente gli oppose che se ciò fosse vero i
relativi decreti ne avrebbero fatto menzione, che noi non spinti da
idee di rivalità, senza nemmeno sospettare che la nostra rapida
azione potesse sturbare chichessia siamo giunti al posto e non
abbiamo scorto traccia veruna di preparativi di una prossima
esplorazione da parte d'altri. Quindi trovarci perfettamente dalla
parte della ragione, perchè i primi occupanti e che di più essendo
il nostro scopo puramente scientifico e sportivo ci basteranno pochi
giorni per esplorare la grotta dal punto ove eravamo giunti l'altra
volta fino al fondo.
L'assessore
contraponendo l'assoluta sua impossibilità di fronte al deliberato
delegatizio, che doveva venir modificato appena nella prossima seduta
della Delegazione, pregò si attenda. L'abboccamento succedeva Sabato
25 Agosto e la prossima seduta doveva aver luogo Venerdì 31 dello
stesso mese. Fu d'uopo armarsi di pazienza ed attendere l'intimazione
del relativo decreto per vedere s'era opportuno un ricorso.
Ad
ogni buon conto si decise d'inviare una deputazione dal magnifico
Podestà coll'incarico d'esporgli oggettivamente il fatto e
d'ottenere da lui, nella peggior ipotesi, almeno il permesso di
ritirare dal pozzo le scale già poste, che, impigliate nelle travi
si dovevano dal basso portare in alto. E ciò per evitare
danneggiamenti.
Il
vicepresidente, il direttore-segretario e l'onor. sig. Dollenz,
Domenica 26 Agosto furono dal magnifico Podestà
accolti con squisita cortesia. Espostigli oggettivamente i fatti,
egli egli deplorando l'accaduto non volle prender su di sé nessuna
responsabilità e consigliò d'attenersi per ora all'ultimo
deliberato sospensivo della Delegazione. Non restava altro che
stabilire le ispezioni diurne e notturne per far la guardia al
materiale ed impedire la discesa a qualunque altro in attesa del
nuovo deliberato.
Appollajati
a 344 m. sul livello del mare, a due passi da un antro che ci
invitava alla discesa, il dover resistere alla tentazione causa
l'ordine perentorio della Direzione che ce lo vietava, era per noi un
novello supplizio di Tantalo.
Avremo
anche resistito alla tentazione se non ci fosse entrato l'antagonismo
politico nella quistione; non resistemmo perciò allorchè un
giornale locale, per puro sentimento di partigianeria, punse il
nostro amor proprio, quasi dubitando del nostro coraggio e della
nostra prudenza. Alla Chetichella ci preparammo per fargliela vedere
e mentre la Direzione fiduciosa attendeva il deliberato delegatizio,
la squadra formatasi scendeva negli abissi, sprezzante dei pericoli,
senza premunirsi di puntelli, con un solo scopo d'innanzi a sé:
giungere rapidamente al fondo e dimostrare che nelle esplorazioni
delle grotte al coraggio non sempre fa mestieri accoppiare sopratutto
molta prudenza.
Addì
6 Settembre ci venne intimato il decreto con cui il
Magistrato Civico ci comunicava che addì 31 Agosto p. p. la
Delegazione municipale, in forza al parere dell'Ufficio edile che
dice: non esser possibile “la contemporanea esplorazione di una
caverna da parte di due Società” ci revocava il permesso
accordatoci addì 16 Agosto s. m. e lo concedeva alla Società Alpina
delle Giulie, però limitato questa volta “ad un solo anno”.
Raggiunto nel frattempo il fondo della fovea era inutile di fare
altri passi per impugnare quest'ultimo decreto. Si poneva quindi fine
alla vertenza.
Si
chiese, con la certezza di non ottenerlo, il permesso al Magistrato
Civico di poter dare più cristiana sepoltura alle ossa dei quattro
pericolati: ci venne, come previsto, negato. Peccato, perchè tutto
era pronto, i conterrazzani dei morti, ansiosamente attendevano tale
momento e, cosa singolare, con la più schietta cordialità
dichiararono di sobbarcarsi a spese in comune per fare un funerale
grandioso.
Riprendendo
la descrizione dei lavori eseguiti dirò che Domenica 26
fuvvi riposo durante la mattina; nel pomeriggio discesero Pillwein,
Pucalovich e Machnig per ispezionare la scala e si spinsero fino a 70
m. di profondità. Qui giacciono le ossa di Matteo Kral, morto
asfissiato dai gas dell'esplosione addì 11 Novembre 1866 nel mentre
si disponeva alla ricerca delle prime vittime.
Dalla
città ebbimo la visita dei consoci: Konviczka, Kosak, Mahorcich,
Tomsche Urban, e Widmar. L'ispezione notturna venne assunta da
Griesser, F. Mertl e Sanzin.
Il
Lunedì susseguente in unione ad Androvich e Sanzin
discendiamo 240 m. di scala fino al primo morto; di questi ne
trasportiamo 50 m. all'ingresso del secondo pozzo.
Nel
primo pozzo al primo pianerottolo artificiale (A. B.) seguono
degradando altri tre.
La
larghezza del pozzo causa questi pianerottoli si riduce a m. 1.30, la
lunghezza abbracciata da essi misura 51 metri.
Una
nicchia di 1.50 di lunghezza per 2 metri di larghezza s'apre a questo
punto. In essa si trova un piccolo bacino contenente acqua limpida e
bevibile. La parete rocciosa cade a picco per ben 11 m. di profondità
ed al fondo termina in una camera quadrata di 5 m. di lunghezza per
altrettanti di larghezza; serviva di deposito di pietre.
Distanti
3 m. dal fondo di questa caverna, fissate con cunei alle pareti,
corrono due travi parallele ancor quasi sane; sostengono una
piattaforma di assi sulla quale si ponevano le scale di legno che
venivano ritirate dai pianerottoli superiori. Dopo la camera le
pareti si ristringono in una fessura larga 1 m., lunga 5 m., il cui
fondo è coperto dai resti delle scale putrefatte cadutevi. Anche qui
si trova una nicchia, che però manca d'acqua. Dal tetto della
fessura s'innalza un camino senza importanza.
Alla
fessura segue un pozzo, profondo 5 m., che mette in una camera larga
4, in questa havvi un muro di 2 m. d'altezza sovracaricato di pietre.
Anche qui vi si trova un camino senza uscita.
Il
suolo di questa camera si restringe e forma un corridojo del diametro
di 0.80 m. All'entrata di questo corridojo (71 m. dall'ingresso della
caverna) giacciono le imbianchite ossa del quarto operaio Matteo
Krall. Questo corridojo di una lunghezza di 29 m. è interrotto da
una spaccatura di 2 metri d'altezza con degli scalini di pietra e di
legno. In origine consisteva in una fessura alta 0.40 m. larga 0.20
m. Venne allargata alle odierne dimensioni a forza di maglio e mine,
le cui traccie sono ancor oggi perfettamente visibili. Le pareti sono
liscie e l'aria umida e fresca. Al termine di quest'andito (a 100
metri dall'ingresso) si trovano fissate nella rupe due stanghe di
ferro del diametro di 0.02 m. allo scopo di assicurarvi le scale di
corda.
Per
superare il seguente pozzo, che misura 39 m. di profondità
assicuriamo su di esse le scale e sospendiamo il lavoro.
Risaliti,
assunsi l'ispezione notturna assieme a mio fratello.
Il
giorno susseguente continuiamo l'esplorazione trasportando altri 50
m. di scala in fondo al pozzo.
La
larghezza di questo secondo pozzo da 0.50 m. che misura al suo
principio, s'allarga fino a quattro per una lunghezza di sei.
Nel
senso della larghezza è attraversato da parecchie travi incrociate,
ancora adoperabili, e che servivano a dare alle scale una posizione
transitabile. Per due terzi di profondità il pozzo è abbastanza
asciutto, ma nell'ultimo terzo lo stillicidio è tale che già
all'epoca dei primi lavori di esplorazione gli operai si dovettero
fabbricare un tetto d'assi per ripararsi.
Questo
punto veniva semplicemente designato con la denominazione “laddove
piove!” e la denominazione è ben meritata.
Il
tetto è ora affatto marcito.
Mercoledì
29 Agosto in unione a Sanzin, per viste di sicurezza,
sfasciamo il tetto d'assi. In fondo al pozzo sono assicurate delle
travi su cui sono fissate a vite degli anelli che servirono nel
1863-66 a tener fisse le scale. Questo pozzo si congiunge ad un
andito, provveduto di scalini di legno e di pietra come il primo; ha
tre interruzioni nelle quali si trovano delle scale di legno affatto
imputridite. Misura 17 m. di lunghezza ed ha un diametro di 0.80 m.;
è molto umido e vi si trovano parecchie specie di funghi.
Vi
trasportiamo 18 m. di scala, calandoci per altri 2 metri nel seguente
pozzo raggiungendo la profondità di 157 m.
Giovedì
si riposò, e per occupare la giornata venne fatto ordine sotto la
tenda e riparate le corde.
Venerdì
30 Agosto si proseguì la discesa del terzo pozzo, che misura
14 metri; nel fondo si trova un muro alto 4 ½
m. che essendo in parte crollato, aveva otturato il sottoposto
corridojo di 2 m. di lunghezza. Qui vennero discese altre scale e si
tentò di rendere libero il passaggio. Si dovette però sospendere
causa la deficienza di forze.
Con
me discesero Sanzin, Verdier e mio fratello.
La
profondità raggiunta era di 172 metri.
Sabato
1 Settembre si potè disporre delle forze necessarie per
rendere transitabile il passaggio.
I
consoci Citter, Sanzin, Mertl F., Giassich, Pertot, Pucalovich, Veit,
Verdier G., Karis, Kogoy si presentarono a tutt'uomo e dopo otto ore
di faticosissimo lavoro il corridojo fu reso transitabile. Il
materiale scavato, caricato in appositi panieri, tratto su, venne
disposto a ridosso del muro crollato. Strisciando, oltrepassiamo il
corridojo; gli scheletri dei 3 infelici operai: Fernetich Andrea,
Kral Antonio e Kral Luca si presentarono finalmente ai nostri sguardi
in tutta l'orrida loro imponenza.
Le
ossa dei disgraziati giacevano in posizione accosciata; la morte gli
aveva sorpresi in men che si dice e la repentina deficienza delle
forze vitali li costrinse a piegare le ginocchia.
Il
successivo decomporsi della materia organica fece rottolare i teschi
ed altre ossa, rese libere dai legamenti muscolari, fino al fondo
della fovea, disseminandoli lungo la via.
In
questo giorno si raggiunse la profondità di 202 metri. Fra gli
oggetti raccolti vanno menzionati alcuni lembi di vestito madidi
d'acqua, ancor aderenti alle scarnite ossa, un coltello da tasca, due
tenaglie, l'intelajatura ferrea d'un taccuino, molto filo da
conduttura elettrica ed altro.
La
discesa ebbe luogo alle 9 pom. del primo e l'ascesa alle ore 6 ½
ant. del 2 Settembre.
Dopo
tale faticoso lavoro era naturale che si riposasse e difatti durante
tutta la giornata vi fu riposo. Soltanto il consocio sig. Pillwein
discese per suo speciale interesse.
Durante
tutta la domenica si accentuò un vivo via vai di curiosi sia
cittadini che contadini.
Ecco
la descrizione della conformazione della fovea dal punto disostruito
fino al fondo.
Il
corridojo disostruito alto 0.40 m. e largo 0.50 m. mette capo ad una
fessura larga 0.50 m., lunga 15 m. e termina in un pozzo largo 4 m.
Tre
pianerottoli di legno, sui quali furono assicurate nel 1866 le scale
di legno, si trovano ancora in questo pozzo umidissimo, però sono
totalmente marciti; vi si trova pure qualche formazione stalattitica
di nessuna importanza.
Al
termine di questo pozzo sul terzo pianerottolo si trova la terza
vittima di questa caverna: Andrea Fernetich, il quale, come i due
precedenti, morì asfissiato dai gas sviluppati dall'accensione della
mina. A quattro metri dal pozzo si trova un altro pianerottolo di
legno in congiunzione col precedente mediante una scala di legno. Qui
giacciono i resti mortali della seconda vittima e tre metri più giù,
in una camera di 6 metri di larghezza, quelli della prima.
Sono
i resti mortali di Antonio e Luca Kral da Trebich. La posizione
accosciata conservata dagli scheletri dimostra che, mancate loro
improvvisamente le forze, cercarono appoggio e morirono quasi seduti.
Da
questa camera incomincia l'ultimo pozzo che misura 53 m. La larghezza
iniziale di questo è di 4 m., e si restringe poi gradatamente ad 1
m. E' malsano, umido e non mostra alcuna formazione stalattitica. A
venti metri dal fondo si eleva una parete d'assi e di travi coperta
fino all'orlo da pietre.
L'aria
in questo pozzo è ancora respirabile, però nel fondo riesce
opprimente. una galleria orizzontale di travi ed assi, coperta da
rottami, di travi, di scale, d'istrumenti da scavo, d'ossa, di pietre
ecc. termina la caverna: tutto il materiale che s'accumula nella
galleria è il risultato della mina; la polvere accesasi esplose come
nella canna d'un mortaio, lasciando intatto il fondo e le pareti, e
spezzando quanto trovò sopra di sé. Il fumo della polvere annerì
le pareti.
Lunedì
3 Settembre i consoci Sanzin e Verdier uniti a me
proseguirono l'esplorazione, raggiungendo la profondità di 212 m.
Nei
successivi giorni di Martedì e Mercoledì il tempo fu impiegato a
migliorare i danni arrecati nelle corde e nella tenda dalle
intemperie.
Giovedì
6 Settembre in unione a Sanzin e Verdier G. raggiungo la
profondità di 254 m. ; senza riscontrarvi nulla di particolarmente
interessante.
Il giorno successivo assieme ai consoci Andrea
e Antonio Perko e G. Pucalovich arrivo a 264 metri, termine della
fovea.
Sabato
8 Settembre, aiutato dai consoci Giassich, Androvich, Perko
A., Mertl F. e Wagnest ritiro i primi 60 m. di scala; dalla città
continua il pellegrinaggio dei curiosi.
Il
panorama dominato da questo punto della Vena è uno dei più
incantevoli. dalla sottoposta vallata di S. Giovanni l'occhio si
stebde sulla vasta distesa delle case e degli edifici della città,
spingendosi sull'azzurro nostro golfo, chiuso all'orizzonte dal
nostro cielo di cobalto; a manca dell'osservatore, dal colle roccioso
del Monte Spaccato, l'occhio scorre sulle pendici del nudo Kras, di
S. Servolo, dei monti dell'Istria, degradando sul dinanzi, sui colli
boscosi di Montebello e del Ferdinandeo, riposando soddisfatto sul
verde chiaro del villaggio di Longera e del Boschetto e sul verde
cupo del Bosco dei Pini. A destra la Vena si protende sinuosa a
variegate tinte di verde e di grigio e mette capo allo storico e
pittoresco castello di Miramar, candido nella sua elegante mole e
vagamente specchiantesi nel mare dagli ultimi approci dei colli
circostanti.
La
successiva Domenica con le stesse forze si continua a ritirare il
materiale; alle 9 ant. il direttore segretario assume un'assunzione
fotografica dei partecipanti all'esplorazione. I cittadini seguitano
a visitarci.
Fu
giorno di riposo il Lunedì 10 Settembre. Le scale ritirate furono
asciugate, riparate e rotolate. Mertl F. e Sanzin G. ritirarono altri
60 m. di scala il Martedì successivo e finalmente addì 12 Settembre
Mertl F., Perko A. Sanzin, Verdier G. e Wagnest ritirati gli ultimi
118 m. di scala, rotolata la tenda, raccolto ed ordinato sul carro
tutto il materiale, chiusero l'ingresso e trasportarono il deposito a
Trebich.
Di
questa memorabile esplorazione ci restano quale perenne ricordo gli
oggetti sunnominati, la splendida fotografia assunta addì 9
Settembre e nelle precedenti pagine i P. T. Signori Consoci
troveranno una precisa riproduzione litografica della fovea dovuta al
nostro egregio Consocio sig. Rodolfo Cerniutz.
Trieste, 11 Ottobre 1894
Partecipanti
all'esplorazione in ordine alfabetico:
Androvich
C.
Citter
Roberto
Fischer
Gustavo
Giassich
Nicolò
Griesser
Pietro
Karis
Ireneo
Kogoy
Konviczka
Ruggero
Machnig
Mertl
Francesco
Mertl
Lodovico
Perko Antonio
Perko Antonio
Perko
Giovanni Andrea
Pertot
Eugenio
Pillwein
Carlo
Pucalovich
Giovanni
Sanzin
Gastone
Verdier
G
Veit
Ermanno
Wagnest
Ermanno
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