La Grotta Gigante. C. Pillwein 1895


 

(Trascrizione dell'articolo apparso su “Il Tourista” del 1 Maggio 1895. La collezione de "Il Tourista" è conservata presso il Civico museo di storia naturale Ferdinando Massimiliano di Trieste/Trst/Triest)


Circa 10 minuti da Briscici in direzione N-E, in vicinanza del sentiero pedestre per Reppen piccolo si trovano i tre ingressi di questa grotta. Il primo si trova all’estremità di un’infossatura rocciosa abbastanza lunga e in forma di pozzo, che viene quasi coperta da un grande ammasso di frane movibili. Spingendosi fra queste frane per raggiungere la caverna, si arriva a sinistra in un piccolo corridoio, mentre a destra s’apre un abisso profondo circa 100 m. che ci obbliga a fermarci. Cinquanta metri più lungi si trova il secondo ingresso, nel quale si può soltanto spingersi per 5 m. per arrivare poi ad un pozzo profondo 73 m. Da qui 45 metri più lungi in direzione occidentale s’apre il terzo, ingresso nel quale scendiamo per spingerci nella grotta. E formato da una piccola apertura quasi rotonda per raggiungere il fondo della quale occorre una scala di 10 metri.
Addì 14 Aprile a. c. alle 6 ½ ant. in unione a Holzleitner prendo la via che conduce a Prosecco da Barcola. Alle 7 ½, siamo al deposito dei nostri materiali e caricatici di 3 scale a corda, di alcune corde, di martelli, scalpelli ecc. infiliamo la via per Briscici. Ma avevamo fatto i conti senza la veemente Bora cui, caricati com’eravamo, ci era impossibile resistere; dovemmo quindi rifare i nostri passi, ritornare al deposito, prendere il carro, caricarlo con gli oggetti necessari e riprendere la via. Erano le 9 ¾ allorché raggiungemmo l’ingresso della grotta. I 10 m. di scala furono ben tosto discesi e ci trovammo sulla china d’un dolce pendio coperto di sassi franati, d’ossa d’animali e di rami marciti d’albero; nelle numerose cavità delle pareti, coperte di musco, nidificano i colombi selvatici ed i pipistrelli. Passato questo pendio si trova a destra un corridoio ascendente che termina ben tosto in un camino. A sinistra la grotta si estende innanzi e noi giungiamo, attraverso uno stretto buco e per un abisso di nessun’importanza, in un atrio il cui suolo è coperto da uno strato alto oltre un metro di humo rossiccio ed umido.
Procedendo cautamente lunghesso la parete di sinistra ci troviamo ben presto all’orlo superiore del secondo abisso di 16 metri d’altezza. Calatici al fondo, coll’aiuto della scala, ci troviamo di nuovo su di un lungo pendio, questa volta però assai inclinato e dalle frane estremamente mobili. In conseguenza più sdrucciolando che camminando arriviamo alla sua estremità opposta e ci troviamo nel grandioso duomo Imperatore. È questo uno dei più belli spazi sotterranei del Carso; in esso si trovano innumerevoli colonne stalagmitiche bianche e cristalline, delle splendide stalattiti, delle cortine meravigliosamente ben formate, delle fontane pietrose, delle solide cascate d’acqua, ecc. ecc.
La maggior altezza del duomo misura 150 metri ed il suolo in questo punto consiste di un largo spazio piano coperto di fango ed avente due laghi d’eccellente acqua di stillicidio.
Pel naturalista evvi pure la possibilità di far ricca preda: coleotteri trasparenti, incolori e bianchi, Padurae spelaeas, Adelops montanus, parte affatto ciechi, parte con organi visuali incompleti, parecchie specie di mosche, ecc. ecc.
Proseguendo innanzi constatiamo che la grotta sale e prosegue ad un’altezza di circa 50 metri dal largo spazio piano. Si oltrepassano ancora due piccoli atri e si arriva alla fine della grotta che consiste in un pozzo cieco di 28 m. di profondità di nessuna particolare bellezza. Dall’ingresso fin qui la lunghezza è di circa 380 m.
Le più belle, le più pure ed anche le stalagmiti maggiori per circonferenza si trovano circa nel mezzo del pendio che conduce al termine della grotta.
Dopo, aver pellegrinato per 6 ½ ore sotterra incominciamo il ritorno e raggiungiamo alle 5 pom. l’ingresso. Ritirate le scale e le corde e caricatele sul carro, ci dirigiamo a Prosecco, che raggiungiamo dopo ¾ d’ora di cammino. Riordinati nel deposito i materiali adoperati, ci recammo all’albergo per ristorarci e ripresa la via del ritorno, arrivammo in città alle 10 ¾ pom.
Sul largo spazio fangoso trovammo con nostra meraviglia dei cocci e delle ossa spaccate, palesi resti di cucina di popoli preistorici i quali o dimorarono nel primo menzionato ingresso oppure conobbero un ingresso più comodo di quello da noi conosciuto.
 
Trieste, 18 Aprile 1895. Carlo Pillwein.

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