Ai 16 corr. 
in compagnia di Veit e Pauletig visitai la Grotta gigante, e ad onta 
della descrizione contenuta nel N. 2, anno II, del nostro giornale, 
meritava la pena di riparlarne con entusiasmo.
 
L’impressione destata, specialmente in un esploratore novellino (come lo
 era l’amico Pauletig) è potente ed indimenticabile. Alle 4 pom. con 
poca fatica avevamo dietro di noi i due abissi che si seguono e ci 
troviamo nel grandioso duomo Imperatore Francesco Giuseppe, nel quale si
 trovano le più belle e le più bizzarre forme stalattitiche. Fra le 
colonne, d’apparenza zuccherina, fra stillanti fontane e cortine 
trasparenti proseguiamo la nostra via, meravigliati dello scintillio 
adamantino, che alla luce del magnesio si sprigiona dagli innumerevoli 
cristalli calcari e che fa credere di trovarsi in un altro mondo.
 Ad una colonna di speciale bellezza alta circa 12 e del diametro da 2 a 3 metri, imponiamo il nome di colonna Ruggero, in omaggio al nostro amato amico e compagno, il I° dir. segretario sig. Ruggero Konviczka.
 Il ritorno 
procura all’amico Pauletig, ancora troppo poco pratico dell’arrampicarsi
 per le scale, qualche difficoltà, ma colla nostra assistenza se la cava
 bene e raggiungiamo la superficie esterna senza incidenti. Dopo aver 
riposato, riprendiamo la via del ritorno a Trieste, ove siamo alle 3 
ant.
 Ad onta 
ch’io abbia già cinque volte visitata questa grotta, pure le sue 
splendide formazioni, che nessun scultore vivente potrebbe riprodurre, 
mi procurò sempre viva gioia. Tutto ciò circondato dalla cupa bellezza 
del mondo inferiore produce su ognuno, che abbia l’occhio aperto alle 
meraviglie della natura, imponente influsso. Chi potè ammirare anche le 
estrinsecazioni della natura, profuse a tanti metri di profondità, 
comprenderà il fascino che ci attrae e ci spinge ad esplorare questi 
mondi ignoti.
Carlo Pillwein
Da “Il Tourista” n° 3, anno III, 4 marzo 1896

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