
Quanti
di voi hanno visto il documentario in onda su Rai Storia il
28.11.2018? Io
mi sono accinta a guardarlo con molte perplessità (già il
titolo...), anche se ho molta stima dei dirigenti di Rai Storia e in
particolare di Paolo Mieli.
Vi
invito tutti a guardarlo, perché è veramente di grande pregio.
C'era
il solito (peraltro doveroso) misto di volti arcinoti, seminoti e
semiignoti. Qualcuno ha ripetuto i concetti di altri, qualcuno si è
attenuto alla solita musica che ripete da decenni, ma nell'insieme è
stata data voce anche a chi di solito ha meno occasione di farsi
sentire (ed è un peccato: penso, un esempio per tutti, a Patrick
Karlen) e il quadro che ne è risultato era, secondo me, molto vicino
alla nostra variegata realtà.
Due
dei momenti clou sono stati l'intervento di Riccardo Cepach,
curatore del Museo Sveviano e Joyciano e l'intervento di Paolo Rumiz.
Cito testuale: alla domanda se avesse, potendo scegliere, preferito
vivere nella Trieste di prima del 1914 o in quella di dopo, Rumiz
risponde:”Non c'è dubbio: nella Trieste di prima
del 1914. Non sono un nostalgico dell'Austria, ma non è
colpa mia se quello che è venuto dopo è
stato peggio”.
Ovviamente
è nuovo più il modo di esprimerlo che il concetto, ma a tanti avrà
fatto molto piacere che un concetto così venga espresso da un
personaggio molto stimato.
Anche
noi troviamo che, se l’essere “nostalgici”
significa che ci piaceva una Trieste disinvoltamente
plurilinguistica e multiculturale, allora sì, siamo nostalgici.
Abbiamo nostalgia del lavoro giustamente remunerato, del rispetto per
i cittadini, dell’Amministrazione onesta, efficiente ed efficace.
Ci piacerebbe anche l'idea di avere un futuro, qui, per noi e per i
nostri figli; sì, siamo proprio nostalgici.
Paola
Alessandra Alzetta
Trieste verde bianco rossa e le sue identità saltellanti
Testo nero su sfondo grigio scuro?
RispondiEliminaLeggibilissimo!
Liliana
Vero, non è stata una buona scelta...(testo e sfondo) meglio, come scelta, quella di Rumiz.
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