Mostra
Francesco
Giuseppe I.
Uomo,
imperatore, patrono delle scienze e delle arti
9
marzo- 16 giugno 2019
Comune
di Gorizia
Centro
ricerche Turismo e Cultura di Gorizia
Museo
Santa Chiara Corso verdi 18, (di
fronte alla Posta Centrale)
Gorizia/Gorica/Gurize/Görz
Orari:
Venerdì
e sabato 10.00-13.00 e
15.30-19.00
Domenica
10.00-13.00 e 15.30-19.30
Ingresso
gratuito
Visita
Guidata da parte dei curatori: Marina Bressan -Marino De Grassi ogni
domenica alle 16.30
Nei
decenni fra la Rivoluzione del 1848 e la Prima Guerra Mondiale la
rivendicazione a una propria identità e sovranità delle diverse
nazionalità racchiuse nei confini dell’Impero comprometteva quella
fedeltà dinastica su cui si basava lo Stato sovranazionale. Eppure
imperial-regie leggi concedevano a tutti i cittadini gli stessi
diritti. Nella Monarchia austro-ungarica, crogiuolo multietnico, si
cantava in tredici lingue il
suo inno, il famoso Gott
erhalte
o Serbidiola
come si chiamava in Istria e a Trieste (serbi Dio l'austriaco regno).
L’imperatore
sovranazionale era Francesco Giuseppe, monarca autoritario di stile
feudale, che nella sua figura incarnava i tratti di “un vecchio
signore leggendario”. Nei suoi lunghissimi anni di regno, dalle
note del valzer che siglarono il trionfo metternichiano della
Restaurazione, fino ai fecondi anni di fin
de siècle, gli
anni dei giovani ribelli, insofferenti del tradizionale liberalismo
austriaco, alle avvisaglie di disfacimento e di angoscia, registrate
nella musica e nell’arte, che condussero all’esplosione finale
dell’impero mitteleuropeo.
“L’imperatore
eterno”, “il cui numero di ritratti esposti era quasi pari a
quello dei suoi sudditi” (Musil), e con un volto apparentemente
senza tempo, unico simbolo di coesione del regno absburgico in fase
di disgregazione, era “semplicemente e sorprendentemente reale”
come lo era “la Città dei sogni”, Vienna. Qui si realizzava
quella coscienza sovranazionale, cosmopolita, sola speranza di
salvezza per la Monarchia. La sua struttura urbanistica era stata
determinata dalla decisione dell’imperatore di demolire le mura,
cancellando il 1848 e tutto quello che rappresentava. Il magnifico
viale alberato, la famosissima Ringstrasse, concepito inizialmente
per facilitare l’agile spostamento di uomini e materiale bellico,
si trasformò ben presto in uno scenario per grandi eventi costellato
da edifici pubblici, centri di potere costituzionale e cenacoli di
alta cultura, che esprimevano la pax
liberalis.
Sul
connubio Bildung und
Besitz (cultura e
proprietà) Francesco Giuseppe aveva fondato la sua politica; su
questi principi si era formata la borghesia di lingua tedesca,
aristocratica, decisa a mantenere per sé i privilegi che le classi
subalterne e gli altri gruppi nazionali esigevano di condividere.
In
una società del genere, con la sua profonda dedizione all’ordine e
alle tradizioni del passato, la casa si identificava col concetto di
stabilità, in cui il capofamiglia, come l’imperatore nell’Impero,
era il garante dell’ordine, della sicurezza e come tale possedeva
un’autorità assoluta.
Personificazione
della funzione dinastica, Francesco Giuseppe improntava tutti i
rapporti, personali e oltre, alla regalità; del fasto regale della
casata si fece un dovere. Legato all’etichetta inflessibile del
cerimoniale di corte spagnolo vi si attenne rigidamente in tutte le
circostanze della sua vita e perfino in punto di morte. Al trono
preferiva il suo scrittoio, cui rimase incatenato fino all’ultimo
da un ferreo senso del dovere, preoccupato di garantire con la
burocrazia, il senso di legalità e di sicurezza. Non fu mai tuttavia
mai un grande statista e un fine politico. Facilmente influenzabile
da un entourage arretrato e dispotico, non seppe adeguarsi ad una
nuova Europa che tentava di delinearsi.
Con
fortissima esitazione aveva procrastinato la ratifica dell’elezione
dell’antisemita Karl Lueger a borgomastro di Vienna, nella città
metropoli in cui la borghesia ebraica aveva assunto il ruolo di guida
culturale. Il suo partito, i cristiano-sociali, aveva una concezione
strettamente difensiva del potere; il nazionalismo infieriva anche a
livello nazionale, il parlamento paralizzato dall’ostruzionismo,
finché nel 1908 l’imperatore risolse la crisi concedendo il
suffragio universale a tutti i cittadini di sesso maschile. Il
vecchio imperatore esercitava la sua autorità in un cerimoniale
formalistico, che di fatto costituiva l’unico punto focale del
lealismo civico. Una forma vuota destinata oramai allo sfacelo.
24
luglio 1914: un ottantaquattrenne imperatore, sopravanzato per la
prima volta nella storia asburgica da un diplomatico di seconda
classe, firma la dichiarazione di guerra. Per una volta soltanto
tutti esultano: la nuova aristocrazia, gli intellettuali, popolo,
ambienti di corte.
Karl
Kraus augura a Sua Maestà “una buona fine del mondo”, ma
Francesco Giuseppe è forse l’unico a corte che se l’aspetta.
Continuò
a vivere ancora due anni, orbato degli affetti più cari, con il
grave peso della solitudine sulle spalle. Con lui sarebbe morto ciò
che gli stava più a cuore: il regno, la dinastia, ma anche i valori
più importanti come decenza e onestà. La sua frase “nulla mi è
stato risparmiato” gliela si può confutare, perché ciò che
accadde nel XX secolo fu ancora più tremendo. E questo gli fu
risparmiato.
La
mostra FRANCESCO GIUSEPPE I UOMO IMPERATORE E PATRONO DELLE SCIENZE E
DELLE ARTI, promossa dal Comune di Gorizia e organizzata dal Centro
Ricerche Turismo e Cultura di Gorizia, focalizzerà i tre ruoli
dell’imperatore, evidenziando tratti non sempre noti della figura.
Francesco
Giuseppe era nato
a Schönbrunn il 18 agosto del 1830 quando la rivoluzione industriale
scopriva il vapore, in Inghilterra veniva inaugurata la prima
ferrovia tra Liverpool e Manchester e la Grecia diventava stato
sovrano staccandosi dalla Turchia. Un’infanzia vissuta in uno
stretto cerimoniale
e in una coercitiva educazione basata sul senso del dovere e
sull’autodisciplina che caratterizzeranno la vita solitaria del
futuro imperatore. I rapporti con la madre Sofia, responsabile della
sua formazione e della futura ascesa al trono, con i fratelli, in
particolare con Massimiliano, con i precettori, e in seguito con i
figli, furono improntati al principio fondamentale del diritto
pubblico austriaco: la difesa dell’unità indivisibile costituita
da tutti i paesi congiunti sotto la corona degli Asburgo.
Salito
al
trono giovanissimo, senza aver potuto conoscere le gioie della
giovinezza, in un biennio di moti rivoluzionari per lo più di
origine borghese, rigurgito di un sentimento di indipendenza che da
troppo tempo veniva soffocato, dimostrò fin da subito molta
determinazione e disciplina, decidendo di essere vicino ai suoi
sudditi per tentare di trasmettere sicurezza.
Deciso
nello scegliere la cugina Elisabetta Wittelsbach come sposa l’amò
per tutta la vita, adeguandosi al suo carattere irrequieto,
condividendo con lei le gravissime perdite di due figli, Sofia e
Rodolfo. L’ascoltò nella questione ungherese, la viziò nei suoi
capricci e non si oppose all’amicizia con l’attrice Katharina
Schratt che la stessa imperatrice aveva incoraggiato.
Con
Elisabetta partecipava alla caccia alla volpe, a qualche fuga a
cavallo o in montagna, ma sempre più rare erano le occasioni per
stare insieme. La sua vita, in cui l’assolutismo era vissuto come
servizio, era scandita da ritmi incessanti; la sua sobrietà
era leggendaria. Non aveva modo di dedicarsi all’arte e alla
letteratura, ma non era indifferente alle esplosioni culturali del
suo tempo.
Indossava
bene l’uniforme, il portamento marziale era accompagnato da una
squisita amabilità; sapeva stare magnificamente a cavallo e avrebbe
cavalcato per tutta la vita alla testa del suo esercito, adorato,
idolatrato: in realtà non fu un abile signore degli eserciti, come
non seppe esprimere una politica estera all’altezza del ruolo
centrale del suo impero. L’Austria fu spesso isolata sulle grandi
questioni europee. Valga ad esempio la vicenda della Guerra di
Crimea, in cui il rivale ed emergente Piemonte riuscì a ritagliarsi
un primo ruolo di alleanza internazionali, mentre l’Austria fu
esclusa dalla partita.
La
perdita della Lombardia (1859) poi del Veneto (1866) segnarono il
declino dell’Impero che, dopo la disfatta di Sadowa, riuscì a
risollevarsi solo con il Compromesso ungherese.
Come
Imperatore del “nuovo” Impero, però, Francesco Giuseppe
abbandonò con grande rammarico la politica di monarca totalmente
assoluto, e adottò alcune riforme liberali: infatti, si ebbe una
liberalizzazione delle istituzioni pubbliche, il ripristino del
matrimonio civile, la revoca del Concordato con la Chiesa cattolica,
un impulso all’istruzione elementare e lo sviluppo di un più
efficiente apparato industriale e urbanistico, mentre l’Ungheria
restò più legata all’agricoltura. Fu anche grazie a questa
modernizzazione che l’Impero poté sopravvivere per altri
cinquant’anni.
Sotto
Francesco Giuseppe, Vienna aveva conosciuto uno sviluppo economico
tale da essere la città ospite dell’Esposizione Universale del
1873, che però si rivelò disastrosa a causa di un’epidemia di
colera e di un improvviso crollo della Borsa. Nonostante ciò, la
ripresa economica non venne arrestata. Per il resto del suo regno,
Francesco Giuseppe riallacciò i rapporti con la Germania di
Bismarck, tanto che nel Congresso di Berlino (1878) all’Austria
furono affidate la Bosnia e l’Erzegovina, fatto che attirò sempre
più interesse in un’espansione a oriente dell’Austria ai danni
della Russia. Fu proprio questa una delle cause scatenanti della
Prima Guerra Mondiale: il capo di Stato Maggiore con l’appoggio
della classe politica dell’epoca, pressò molto l’Imperatore per
compiere un’aggressione nei confronti della Serbia. A seguito
dell’uccisione del nipote ed erede al trono Francesco Ferdinando
(nel 1914) a Sarajevo, Francesco Giuseppe fu costretto a firmare un
umiliante ultimatum nei
confronti della Serbia al fine di dichiararle guerra, come voleva il
Gabinetto dei Ministri e Conrad, che l’Imperatore ammonì con la
celebre frase: ”La guerra! Lor signori non sanno cos’è la
guerra! Io lo so… da Solferino”.
Patrono
delle scienze e delle arti favorì uno sviluppo
industriale,
senza però mai cedere minimamente al socialismo, né al
nazionalismo, che disprezzava entrambi.
Di
Vienna Francesco Giuseppe volle fare una città degna di essere
capitale di un vasto impero. Da qui la decisione di abbattere le
antiche mura e di creare la Ringstrasse che sarebbe diventata
simbolo di una magnificenza illusoria in cui secoli di storia
sarebbero stati riavvicinati in un’unica colossale opera di
costruzione.
“L’arte
agli artisti” aveva affermato Francesco Giuseppe già nel lontano
1848, e non interferì nella progettazione della Ringstrasse.
Sin
dall’inizio si occupò del benessere dei suoi sudditi. Consigliato
da illuminati ministri come Carl Ludwig von Bruck che occupava il
Dicastero delle Finanze, Francesco Giuseppe promosse importanti
progetti come la realizzazione della ferrovia Meridionale, il Canale
di Suez, le Porte di Ferro, la regolazione del Danubio a Vienna. Non
mancarono anche i disastri che colpirono profondamente i viennesi ma
che indussero l’imperatore a continuare nell’opera di
industrializzazione con grande impulso alle ferrovie e all’industria
meccanica, che tuttavia portò grandi benefici all’alta finanza,
dapprima austro-tedesca poi ebraica, a scapito di un proletariato
senza diritti civili. La Vienna di fine secolo di Karl Lueger, il
borgomastro che sfruttò la stasi liberale per costituire un partito
fondato sulla piccola borghesia, era una metropoli cosmopolita e
moderna con un livello di vita e risparmio in progressivo aumento:
era la città dei caffè e delle splendide vetrine, delle donne più
belle e sensuali, di parchi e giardini, delle scienze e delle arti
con il ritorno di Ver Sacrum, della sacra primavera.
Sovvenzioni
statali alle imprese, liberalizzazione delle leggi sulla stampa e sui
diritti di opinione, sviluppo dei porti commerciali, delle ferrovie,
una
riduzione dell’orario del lavoro, con agevolazioni per donne e
bambini, e il suffragio universale maschile (1906), consentivano
condizioni di vita accettabili nel resto dell’impero.
“Imperatore
eterno” lo chiamavano familiarmente i sudditi: in realtà fu il
personaggio
più raffigurato dell’Ottocento; in particolare, i suoi anniversari
sul trono e per l’ottantesimo genetliaco causarono una vera
esplosione di immagini: il suo volto apparentemente senza tempo era
ovunque onnipresente, essendo l’unico simbolo di coesione del Regno
absburgico, in fase di decadenza. Il prestigio internazionale ed un
uso propagandistico dei mezzi di informazione, che descrivevano la
vita alla Corte Imperiale con toni da favola, dissimulavano già, in
quegli anni, la profonda crisi che minava l’Impero.
L’allestimento
tiene conto dei tre ruoli di Francesco Giuseppe come uomo,
imperatore,
patrono
delle scienze e delle arti.
L’ambientazione
degli anni dell’infanzia e della giovinezza viene ricreata
attraverso litografie originali, ritratti dei genitori e dei
fratelli, nonché dei precettori.
Quindi
la sua vita da adulto dall’ascesa al trono in poi, scandita
attraverso le tappe importanti come il matrimonio con Elisabetta, la
nascita dei figli, la sua vita privata costellata da gioie e dolori,
passioni come la caccia e tenere amicizie, fino all’isolamento
dell’uomo anziano, provato da terribili tragedie, tenero e
affettuoso con i nipoti, punto di riferimento per tutti i popoli.
Le
tappe fondamentali del suo lunghissimo regno sono documentate
attraverso ritratti, dipinti, documenti rigorosamente originali che
consentiranno di “leggere” anche le riforme e le innovazioni che
trovarono un riflesso anche nel nostro territorio.
Le
visite ufficiali, illustrate attraverso materiali interessanti e
preziosi provenienti da istituzioni pubbliche e da privati, i viaggi
a Gerusalemme, in Egitto, a Suez per citarne alcuni, intrapresi
inizialmente con la carrozza poi con il treno o con il piroscafo e
solo raramente con l’auto, dimostrano l’attenzione e il legame
del sovrano con i suoi popoli, per i quali voleva solo il meglio, che
non sempre gli riuscì di conseguire.
Patrono
delle scienze e delle arti Francesco Giuseppe trasformò Vienna in
una grande città.
“L’arte agli artisti” aveva affermato Francesco Giuseppe già
nel lontano 1848, e si mantenne fedele a questo principio. Splendide
calcografie documentano la sua partecipazione nei diversi settori
della vita culturale.
La
rassegna si conclude con la morte di Francesco Giuseppe e con la
prossima fine della Monarchia. Una sezione riguarda il mito
dell’imperatore e la celebrazione dei giubilei, attraverso
documenti, libri di grande formato, oggetti anche preziosi e
cartoline, legati alla sua figura e prodotti in solenne occasioni.
Marina
Bressan
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