4.8.1847: Lodovico Salvatore


L'Arciduca Lodovico Salvatore è stato il precursore degli “outsider” d'oggi: viaggiatore, marinaio, scienziato, artista, avanzato pensatore trasversale, visionario, pacifista, tradizionalista, ecologista, scrittore, innamorato ed uno dei più interessanti e non convenzionali rampolli della casa d'Asburgo: è tutto ciò l'Arciduca Luigi Salvatore Asburgo-Lorena.
Schietta sebbene diplomaticamente abbellita disapprovazione esprimeva il telegramma del Conte Crenneville, che raggiungeva il Conte Gotuchowski a Vienna il giorno 8 Novembre 1900 dopo l'approdo del veliero a vapore Nixe al porto di Corfù: “Durante il suo soggiorno a Corfù Sua I.R. Altezza manteneva il più stretto incognito rispettato anche dalle autorità locali. Solo mia moglie poteva vantarsi di una sua riverenza. Mi pare opportuno di non glissare sopra la compagnia di Sua I.R. Altezza, compagnia costituita da due giovani donne ed un'altra persona giovanile di sesso ambiguo. Sotto i vestiti maschili le rotondità femminili si delineavano chiaramente e la chioma ondeggiante aumentava ancora lo scalpore non irrilevante della gente che vedeva girare in città l'allegra compagnia.” L'imperatore Franz Joseph a questo punto aveva già smesso a strapparsi i radi capelli per i capricci stravaganti e poco consoni ad una degna condotta di vita absburgica del cugino ribelle “Luigi”.
Nostalgia per il mare. Luigi Salvatore nasce il 4 agosto 1847, figlio del regnante Granduca di Toscana, Leopoldo II, e di sua consorte Maria Antonia Borbone di Sicilia. Essendo rampollo del ramo toscano della Casa Asburgo egli riceve un'educazione straordinariamente liberale. Sono richiesti modestia, diligenza e spirito, insomma virtù che segneranno marcatamente la sua vita futura. Il giovane Arciduca tralascia piuttosto l'etichetta cortigiana che lo studio della natura, delle lingue e dei comportamenti del suo scimpanzé “Gorilla”. Quando nel 1859, per i moti rivoluzionari, la famiglia deve abbandonare Firenze e stabilirsi nel castello di Brandeis vicino Praga, sembra che Luigi, assettato di cultura, debba essere avviato verso incarichi politici superiori. Il giovanotto sveglio però si accorge ben presto di non avere nessuna vocazione per una carriera burocratica o militare. I numerosi viaggi della sua gioventù avevano destato in lui la nostalgia per il mare e in particolare per le coste del Mediterraneo. Allora l'imperatore gli permette “il congedo” e nel 1867 Luigi (sotto lo pseudonimo “Luigi Conte di Neudorf”) intraprende il suo primo viaggio alle isole Baleari. Ha le idee ben chiare quanto alle sue ricerche sul campo. La bellezza selvaggia dell'isola principale Maiorca e la gentilezza dei suoi abitanti gli fanno una impressione tale che tre anni più tardi sceglie l'isola come patria d'elezione. Essendo in possesso del “brevetto di capitano di lungo corso”, acquistò la Nixe, imbarcazione lunga 51 metri, la quale diverrà la sua vera casa. “L'istinto migratorio all'uomo è innato. La cosiddetta civiltà con i rispettivi innumerevoli obblighi hanno costretto l'uomo alla stabilitas loci. L'irrefrenabile pulsazione migratoria invece riesce a riviverla con grandissima soddisfazione su uno yacht. Ci si porta a bordo il proprio lavoro sia esso letterario, artistico o scientifico, alternandolo con una ricreazione in cui lo sguardo scopre immagini nuove e sorprendenti. Voglio dire che nello stesso tempo possiamo anche rinfrescarci lo spirito. La navigazione consente un'equilibrio perfetto fra lavoro e riposo. Equilibrio che in una dimora stabile cercheremmo invano.”
L' esploratore. Con l'amata Nixe l'Arciduca girò per decenni nel Mediterraneo, di solito accompagnato da un equipaggio di circa 20 persone, oltre a cani, gatti, uccelli, scimmie ed altri animali d'ogni specie. I contemporanei questa nave la chiamano “l'Arca di Noè”. Si capisce che la variopinta ed eterogenea comitiva dell'Arciduca suscitava sempre grande scalpore nei porti. L' interesse particolare dell'Arciduca si concentra sulla navigazione e sull'esplorazione scientifica di isole e fasce costiere finora quasi sconosciute. A proposito Lodovico Salvatore si creò uno strumento utile e duttile: un questionario composto di circa 100 pagine denominato “Tabulae Ludovicianae”. Dopo l'arrivo le consegna ai residenti acculturati del luogo, al sindaco, al medico, all'insegnante, al giudice e al parroco chiedendo a loro il favore di raccogliere i dati più precisi possibili inerenti alle loro attività. Questi dati in seguito venivano analizzati da lui ed i suoi collaboratori. Accompagnato dal suo segretario maiorchino Don Antonio Vives e da esperte guide locali, Luigi Salvatore spesso effettuava accurate escursioni con dei risultati ancora oggi validi. Fornisce descrizioni esaurienti del paesaggio, esamina scrupolosamente fauna, flora, popolazione e cultura dei posti visitati. Sempre a portata di mano: un piccolo calamaio a forma di globo, carta e penna. Esegue personalmente una gran quantità di schizzi e di disegni che rappresentano un magistrale completamento visivo della parola scritta. Utilizzando appunti e disegni, Luigi Salvatore compila così ampi manoscritti che dà alle stampe a proprie spese prevalentemente presso l'editore Mercy a Praga. La carta speciale, la veste grafica, la minuziosa cura redazionale e la preziosa legatura sfociano in edizioni molto dispendiose prodotte per lo più con una tiratura di solo 500 copie. L'Arciduca regala queste rarità bibliografiche ad amici, collaboratori così come a persone ed istituzioni interessate al suo lavoro. Per iniziativa del noto editore di letteratura di viaggio, Leo Woerl di Lipsia / Berlino alcuni dei suoi lavori vengono venduti anche nelle librerie. Le opere scientifiche di Luigi Salvatore trovano ben presto un'eco internazionale. Fu addirittura sommerso di diplomi e d'attestati di socio onorario da parte di diverse accademie ed istituzioni.
Al suo grande amico Jules Verne l'Arciduca fornisce il modello per l'eroe del suo romanzo “Matthias Sandorf”. Il “più grande cronista del Mediterraneo” persegue con tenacia un obiettivo preciso: vuole indirizzare la curiosità della gente verso paesaggi che erano, e non si stanca a ripeterlo, a torto poco noti e stimati solo da pochi viaggiatori. Presta meno attenzione ai grandi centri classici della cultura puntando su angoli dimenticati e ancora da esplorare come per esempio le isole di Paxos ed Antipaxos, Itaca, Levkas e Zakynthos nel Mar Ionico, come pure le isole eoliche (Lipari) al nord della Sicilia, le minuscole isole del Giglio, d'Ustica ed Alboran e soprattutto le isole Baleari, a quel tempo - per quanto possa sembrare strano oggi come oggi - ancora sconosciute: Maiorca, Minorca, Ibiza e Formentera. Già nel 1869 usciva il primo volume - dedicato all'imperatore Franz Joseph - del suo lavoro monumentale “Die Balearen, in Wort und Bild geschildert” [Le Baleari, descritti in parole ed immagini]. La versione finale si presenta in 7 volumi singoli e 2 doppi e con un totale di circa 6000 pagine: un lavoro che viene premiato con la medaglia d'oro in occasione dell'esposizione mondiale a Parigi nel 1889. Animali d'ogni specie (compreso il coleottero più minuscolo), meteorologia, storia, tradizioni popolari, architettura, descrizioni precise e gustose di paesaggi e popolazioni, costumi, fiabe, detti, canzoni e poesie, troviamo quasi tutto in quest'esauriente monografia, imparagonabile nella sua ricchezza e complessità, insuperata fino al giorno d'oggi.
Convivenza pacifica fra i popoli. Non è il solo Mediterraneo però ad affascinare l'Arciduca, il viaggiatore professionista. Si entusiasma non meno per il progresso tecnologico che era presentatato in occasione delle grandi esposizioni mondiali del suo tempo. Nel 1881 decide di visitare l'esposizione mondiale a Melbourne in Australia. Era convinto che uno spettacolo tale poteva servire da volano per la pace. Nel suo libricino “Einiges über Weltausstellungen” [Qualcosa sulle esposizioni mondiali], pubblicato nel 1911, quindi 3 anni prima dello scoppio della prima guerra mondiale, si affrettò a notare: “ Quante idee preconcette, quanti pregiudizi potrebbero essere rimossi se i popoli facessero uno sforzo a conoscere l'un l'altro. Sono convinto che le guerre potrebbero diminuire parecchio. Delle proposte da futurista le fa anche per gli allestimenti delle esposizioni stesse. Chiede, per esempio, agli organizzatori infrastrutture “sociali” e cioè passerelle speciali per gli handicappati che devono girare con le sedie a rotelle.
Un' affinità elettiva lega il vagabondo reale con l'imperatrice Elisabetta (“Sissi”), la quale nutre una profonda simpatia per il coltissimo e - per i cortigiani viennesi - buffonesco Arciduca. Lo viene a trovare a Maiorca due volte con il suo Yacht Miramar . A Vienna i cori dei pettegoli crescono per gridare allo scandalo quando Sissi decide di festeggiare il suo 55° compleanno alla vigilia di natale del 1892 con il gaio cugino e non con l'ascetico marito. Lasciato solo l'imperatore manda a Maiorca un telegramma alquanto indignato e seccato : “Spero che Luigi “Il Grasso” si prenda cura del tuo benessere”.
L'Arciduca si era creato a Maiorca un vero e proprio paradiso terrestre. Nel corso di trent'anni aveva acquistato a poco a poco un'intera fascia costiera, lunga 16 chilometri e larga fino a 10 chilometri, tra Valldemosa e Deià. Su questo vasto terreno non si doveva né abbattere alberi né edificare. Tutti gli animali che non erano tenuti per l'uso alimentare, potevano godersi qui una vita tranquilla fino alla loro morte naturale. Per i turisti di allora che volevano conoscere questa straordinaria fascia costiera, Luigi Salvatore aveva fatto sistemare l'Hospederia [casa d'ospitalità] “Ca Madò Pilla”, un ostello in cui i viaggiatori potevano stare gratuitamente per 3 giorni. Dovevano portare con sé soltanto le provviste alimentari. Il padrone di casa aveva tracciato inoltre una rete stradale lunga 12 chilometri, fino alle montagne della Sierra del Teix, un itinerario che ancor oggi segna delicatamente il paesaggio. Sui punti panoramici più spettacolari l'Arciduca faceva innalzare i cosiddetti Miradores, piccole aree recintate da muretti e fornite di panchine, da cui si poteva ammirare la bellezza della costiera ed il tramonto del sole.
L'abito non fa il monaco. Sull'isola si raccontano innumerevoli leggende e storielle intorno al “Archiduque” ancor oggi il venerato “re senza corona” delle Baleari. Una caratteristica poco reale di Luigi Salvatore era però il suo vestire assai trascurato. Preferiva la compagnia di gente semplice,“la quale spesso ti insegna più degli studiosi”. Non badava dunque più di tanto al suo aspetto. Portava abiti consumati o vestiti semplicissimi, aveva i polsini legati con uno spago e si divertiva da matto quando lo scambiavano per un porcaio, un marinaio, un cuoco o un bracciante agricolo. Una volta un contadino, al quale aveva dato una mano per tirar fuori il carro bloccato nel fango, gli dava una mancia. “I primi soldi che ho guadagnato in vita mia”, come soleva raccontare più tardi orgogliosamente. Alla corte viennese passava per un “originale erudito” o un “comunista camuffato”, e ci si divertiva assai della sua unica divisa che con gli anni gli era diventata stretta e che si scuciva progressivamente. Riguardo alle beffe che doveva incassare per il suo aspetto spiegazzato, l'Arciduca diceva tranquillamente: “Meglio molteplice (“molte pieghe”) che sempliciotto!”
Storielle a non finire circolano sulla “molteplice” vita amorosa dell'Arciduca: mai sposato, soccombe al fascino d'entrambi i sessi e particolarmente alla bellezza delle maiorchine. Un'importanza insolita, in questo caleidoscopio amoroso, spetta alla figlia di un falegname, Catalina Homar. Sotto la “protezione” del suo mentore, riceve un'eccellente istruzione, impara qualche lingua straniera e assume l'amministrazione dei vigneti arciducali. Per lei il padrone progetta la bianca casetta rustica S'Estaca ricalcando i modelli in stile arabo delle isole eoliche. Per il gustosissimo Malvasia l'Arciduca e la sua vignaiola si guadagnano un gran numero di premi dagli enologi delle fiere internazionali, o europee o americane. Il proprietario attuale della graziosa villetta è il divo hollywoodiano Michael Douglas, grande ammiratore del “Archidux” e fondatore del meritevole centro d'informazione “Costa Nord” a Valdemossa. Sembra però che non abbia una mano felice con la viticoltura e con il Malvasia in particolare. Forse gli manca la giusta vignaiola!
Quando, nel 1914, esplode la prima guerra mondiale, sta volgendo alla fine una lunga vita intensamente vissuta, ricca d'energia creativa e produttiva, una vita da outsider, piena di libertà ed amore. Secondo un ordine supremo dell'imperatore, Luigi Salvatore deve tornare al Castello di Brandeis vicino Praga. Mentre la guerra infuria, portando incredibile sofferenza ed orrore ai popoli coinvolti, l'Arciduca stremato pubblica il suo commovente addio, quasi una sommessa e silenziosa protesta contro le ondate d'odio e violenza scatenatesi: „Zärtlichkeitsausdrücke und Koseworte in der friulanischen Sprache” [Espressioni d'affettuosità e vezzeggiativi nella lingua friulana]. Ivi fra l'altro si legge: “ Magari un pagnut in dì e vuarê-si ben, benedete! ” [“Se c'è amore, basta un pezzo di pane al giorno, tesoro mio! ”]
Luigi Salvatore muore il 12 ottobre 1915 a Brandeis. Il destino gli nega a riposare nella sua amatissima tenuta di Miramar dove il tramonto avrebbe dorato il tumulo del “Diogene dalla casata principesca”, come lo scrittore e pensatore spagnolo Miguel Unamuno lo ha spiritosamente definito. Si trova invece murato in una nicchia nella Cripta dei Cappuccini a Vienna.
Testo tratto dal sito www.Ludwig-Salvator.com

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