La
dottoressa Paola Alessandra Alzetta vi vuole oggi oggi raccomandare
caldamente la lettura di un libro che è un affresco storico:
“Le
quattro ragazze Wieselberger” di Fausta Cialente, pubblicato nel
1976.
L'autrice,
che porta il cognome del padre abruzzese, ma che per parte di madre
era una Wieselberger, racconta con affettuosa nostalgia le vicende di
questa famiglia, a partire dalla seconda metà dell'Ottocento, vale a
dire una ventina di anni prima della nascita dell'autrice medesima, e
narra contemporaneamente la giovinezza delle quattro ragazze figlie
del musicista Gustavo Adolfo nella bella casa di via del Campanile,
sullo sfondo di una Trieste resa molto bene in alcuni aspetti del suo
essere.
I
Wieselberger sono animati, a dispetto del loro cognome, da un acceso
ed idealistico irredentismo: l'autrice, che fin da bambina
trascorreva le vacanze nella casa di campagna dei nonni materni (in
via dell'Istria), aderisce quasi per affetto, un affetto che
determina un'adesione incondizionata a tutto ciò che fa parte di
questo magico mondo triestino, e quindi anche agli ideali della
famiglia. Un po' come se l'irredentismo della famiglia materna
facesse parte integrante dell'atmosfera delle vacanze a Trieste,
vissute come fiabesche. La sua razionalità le dice invece che chi ha
ragione é il padre: quest'uomo, ufficiale abruzzese del Regio
Esercito italiano, peraltro descritto come superficiale, vanesio,
incostante e incapace di una sensata gestione delle risorse
familiari, si fa un po' beffe di questo irredentismo a suo avviso
folle e autodistruttivo definendolo 'romantiche scalmane
antistoriche'.
Gustosissime,
nel libro, le espressioni/parole triestine (come l'uso del verbo
'bazilare', coniugato regolarmente), usate anche dall'autrice
e da suo fratello, ma in maniera peculiare per il fatto di essere
inserito in un contesto di discorso in italiano, non essendo i due
ragazzi abituati ad esprimersi in triestino.
Interessante
anche il fatto che fratello e sorella, non essendo vissuti a Trieste
per un tempo sufficientemente lungo da interiorizzare i pregiudizi
degli irredentisti, trovino la gente di Servola 'incredibilmente
civile e cortese'. 'Solo che ai parenti non dovevamo mostrare il
nostro entusiasmo, il dir bene dei maledeti s'ciavi era poco
tollerato e messo subito in discussione.'
Cialente
cita oltretutto, all'inizio del libro, due passi di un autore che a
noi del Club Touristi Triestini è molto caro: Angelo Vivante.
Un'altra buona ragione per leggere 'Le quattro ragazze Wieselberger'
“...
dovranno mettere in chiaro soprattutto questo: che nella Giulia vivon
da secoli due popoli; che l’uno (l’italiano) si è nutrito fin
d’ora dell’altro (lo slavo) perchè questo dormiva, ma ora lo
slavo si è svegliato e non si addormenterà, mentre l’irredentismo
parolaio, regnicolo e giuliano pare pagato apposta per strappare il
ridesto dal letto e sospingerlo nel suo cammino.
Occorre
che chi parla e scrive d’irredentismo, anche professandosi tale,
anzi appunto per questo, rinunzi a tutto il corredo delle frasi
fatte: la “civiltà due volte millenaria”, “l’eredità di
Roma”, “i barbari invasori”, ecc.; occorre che rinunzi ancora a
certe audaci contrafazioni di storia antica e... moderna, troppo
frequenti al di là e al di qua dell’Iudrio. Dopo di che potrebbe
darsi che di questo irredentismo, ritemprato in un bagno di realtà,
rimanga ancora qualche cosa almen di sincero!”
Angelo
Vivante, La voce, 8.12.1910.
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