Un pittore di nome Leonor


Cari aficionados della pagina del CTT,
il mio primo suggerimento per ua prossima vostra lettura era stato quello su “Le quattro ragazze Wieselberger” di Fausta Cialente. Era essenzialmente rivolto a un pubblico over 16…per quanto un libro si legga con spirito e prospettiva diversa a 16, 26, 36…
Ma siccome le buone abitudini come la lettura si creano da piccoli, oggi vorrei proporvi un libro per ragazzi dal titolo “Un pittore di nome Leonor”, dello storico d’arte Corrado Premuda. Un libro che oltretutto può essere anche un'azzeccata idea-regalo per le prossime feste di San Nicolo'-Hanoukah-Natale, ma che può essere utile anche per gli adulti, perche' gli appassionati dell'opera di Leonor Fini (pittrice molto più conosciuta in Francia che nella città dove è cresciuta) vi troveranno interessanti accenni, anche se è un libro pensato in primis per i bambini.
Oltre a far conoscere il Personaggio Leonor Fini (personalità eccentrica che aveva affascinato anche il giovane Montanelli ma soprattutto la tout Paris), donna indipendente, emancipata e con un acuto senso di quella che oggi si chiamerebbe la 'mediaticità', nasce a Buenos Aires da padre argentino di origine napoletana e da Malvina Braun, triestina. Eleonora sbarca piccolissima dal bastimento che l'ha riportata dalla natia Argentina a Trieste, accolta dai nonni Braun: appena arrivata a casa loro, la piccola farà un incontro determinante per la sua vita futura: quello con Cioci, l'enorme gatto bianco di casa Braun.
A scuola Leonor è una bambina 'sconveniente', che fa inorridire compagne e maestre per certe sue dichiarazioni come Io sono la figlia di una donna e di un Gatto. Mio padre è nientemeno che Sua Maestà il Gatto, lo provano i miei occhi: guardali, sono occhi felini”.
Oltre ad adombrare il complesso fascino della futura pittrice, Corrado Premuda, fine conoscitore e critico d'arte, ci offre uno spaccato di vita triestina, a cominciare dai nonni Braun: nonno Ferdinando, di nazionalità ugherese era di Zagabria ed era vissuto a lungo a Sarajevo, mentre nonna Augusta era nata a Trieste da genitori dalmati.
Il padre napoletano argentino, Erminio Fini, non amava questa 'strana città' in cui 'si spreca tanto denaro per costruire una nuova sinagoga', e voleva ritornare quanto prima a Buenos Aires. Malvina invece non ha nessuna nostalgia di quella società maschilista e insiste per restare a Trieste, iniziando a provare ad ottenere l'annullamento del matrimonio e l'affidamento della bambina. Erminio Fini tenterà di rapire la figlia e Malvina sarà costretta a farla travestire da bambino, ma sempre come se si trattasse di un gioco: forse qui nasce il gusto per il travestimento che, unito ad un'innegabile eccentricità, sarà un fil rouge nella vita e nell'opera della pittrice.
Paola A. Alzetta

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