10 dicembre 1917: affondamento della corazzata SMS Wien

 

Di Zeno Saracino

Un agguato nella notte, un'arma che non fornisce né chance, né protezione, una fuga nelle tenebre. Difficilmente l'impresa del siciliano Luigi Rizzo (1887-1951) quando il 10 dicembre 1917 affondò la corazzata guardiacoste “Wien” nel Porto di Trieste, può qualificarsi come un'impresa eroica. Eppure la stampa italiana lo trasformò in un eroe, gli storici avvalorarono il “mito” e tutt'oggi la leggenda perdura. Un'azione militare di successo? Certamente. Un gesto coraggioso? Innegabile. Ma l'eroismo era altrove. Tuttavia l'impresa di Rizzo si configura come un passaggio fondamentale nella Prima Guerra Mondiale, perchè paradigmatico di un cambiamento di mentalità e di un preciso movente propagandistico da parte dello Stato italiano.

La nuova arma, i “MAS”

La novità dei MAS, la quale come spesso avviene con la tecnologia militare permise poi notevoli progressi anche in campo civile, giocò senza dubbio un ruolo chiave nell'affondamento della Wien. I primi prototipi di MAS erano stati progettati dall'ingegnere Attilio Bisio della Svan (Società veneziana automobili nautiche) solitamente impegnata nella costruzione dei vaporetti in servizio nella Laguna. Non a caso “MAS” era l'acronimo di “Motoscafi Armati Svan”; quando la costruzione si allargò a più cantieri (dall'italiana Ansaldo, ai francesi Ducrot, agli americani Elco), la sigla assunse la denominazione di “Motoscafi Armati Siluranti” e infine “Motoscafi Anti-Sommergibili”. Gabriele d'Annunzio, “vate” alla sempiterna ricerca di acronimi, nell'occasione della “beffa di Buccari” trasse dalla sigla il motto “Memento Audere Sempre”. Complessivamente durante la prima guerra mondiale entrarono in servizio 270 MAS. Il modello che utilizzò Luigi Rizzo nell'affondamento della Wien era lungo 16 metri e largo 2,63, con un peso complessivo di 16 tonnellate. La propulsione era assicurata da due motori a scoppio Isotta Franchini da 450 cv e 2 motori elettrici Regnini da 10 cv; i primi garantivano un'autonomia di 160-200 miglia a 24 nodi massimi di velocità, i secondi di 20 miglia a 4 nodi. I MAS di Rizzo erano armati con 2 siluri da 450 mm, 1 mitragliatrice cal. 6,5 mm e 4 bombe antisommergibili da 50 kg. L'equipaggio era composto da 8 uomini.

Sarà sulla base dei MAS sviluppati negli anni della Grande Guerra che verranno poi inventati i VAS (vedette antisommergibili), le motosiluranti, le vedette e gli aliscafi lanciamissili.

L'azione di Rizzo fu resa possibile da un lungo periodo preparatorio di osservazione della geografia della baia di Muggia dov'era ancorato la SMS Wien; con una speciale attenzione alla difesa costiera e ai fasci di luce dei proiettori utilizzati per la sorveglianza notturna. Una squadra che avesse voluto infiltrarsi nella baia avrebbe probabilmente utilizzato il varco tra la grande diga del Vallone di Muggia e la costa, guarnita però con batterie a tiro rapido. Rizzo scelse al contrario di entrare nel varco tra la grande diga e la piccola chiusa. Un passaggio stretto, difficile; ostacolato da sette cavi d'acciaio che l'equipaggio di Rizzo recise con delle cesoie. Successivamente il MAS si avvicinò, silenzioso grazie all'uso dei motori elettrici, a 50 metri di distanza dalla Wien, prima di colpirla coi siluri. L'ingombrante, lenta, corazzata austroungarica non ebbe scampo e affondò, complice la mancata chiusura delle porte stagne della stiva. La nave, secondo la testimonianza di Rizzo, colò a picco nel giro di pochi minuti.

La corazzata Wien e la difesa di Trieste

La corazzata Wien era classificata nella flotta austroungarica quale “nave da difesa costiera”. Rientrava così nella politica della Marina austriaca (K.u.K Kriegsmarine) di “fleet in being”: anziché avventurarsi in un rischioso scontro navale l'Austria preferì mantenere le proprie navi nelle rispettive baie, obbligando conseguentemente la flotta italiana a un'identica azione di difesa. Proprio l'azione dei MAS fu un tentativo di “rompere” quest'impasse.

La Wien, come la Monarch e la Budapest, aveva un dislocamento di 5500 tonnellate e un armamento principale composto da 4 cannoni da 240 mm. La nave era ormai vecchia, sorpassata: il suo inventore, Siegfried Popper, l'aveva progettata ancora nel 1890. La Wien fu costruita nel cantiere San Rocco dello Stabilimento Tecnico Triestino; i lavori iniziarono il 16 febbraio 1893; il 6 luglio 1895 la nave scese in mare e infine venne ultimata nel 1896.

Per vent'anni, dal 1896 al 1917, la Wien si limitò a servire presso il porto militare di Pola; poi nel 1913 sembrò avviarsi a un prematuro pensionamento, con il passaggio a nave-scuola d'artiglieria. Ma lo scoppio della Prima Guerra Mondiale cambiò radicalmente le carte in tavola: la Wien fu nuovamente attrezzata per il conflitto e mandata sul fronte orientale.
Appostati sulla cima del monte Lovćen, i soldati montenegrini bombardavano impunemente la base navale austriaca di Teodo, nel golfo di Cattaro. La Wien fu mandata, assieme alle altre due navi della classe Monarch, tra cui la Budapest, a controbattere il fuoco del nemico; successivamente coprì con i suoi cannoni l'avanzare della fanteria austriaca.
Verso l'agosto del 1917 la Wien e la Budapest vennero dislocate da Cattaro a Pola e presto nella stessa Trieste, minacciata dall'aviazione italiana. Dal 28 agosto 1917 la Wien fu infatti munita di cannoni antiaerei, rivolti a colpire in special modo gli idrovolanti in arrivo da Venezia. Il 5 settembre la Wien fu danneggiata da una prima bomba; fu trasferita a Pola, riparata e ritornò in servizio. Il 30 ottobre fu coinvolta, a Trieste, nella dodicesima battaglia dell'Isonzo; e il 16 novembre, in combinazione con la Budapest, 13 cacciatorpediniere e 3 idrovolanti, bombardò le batterie della marina italiana a Cortellazzo. La Wien fu bersagliata da 11 aerei italiani, prima di fronteggiare 7 cacciatorpediniere italiane e 3 MAS. Quest'ultimi si avvicinarono a 1000 metri di distanza dallo scafo e scaricarono 4 siluri che però mancarono tutti la corazzata. Imperturbabile, la Wien ritornò a Trieste.

Quando fu colpita da Rizzo, la Wien era sotto il comando del capitano di fregata Leopold Huber von Scheibenhain. Morirono tra i flutti 46 uomini, oggigiorno ricordati da un solitario cippo al cimitero di Sant'Anna. 


L'affondamento della Wien è interessante, perchè si colloca in una fase precisa del conflitto: dopo la rotta di Kobarid/Caporetto, l'esercito italiano andava riorganizzando le proprie linee di difesa sul Piave.
Diveniva così necessario, anzi imperativo, avere una rivincita da sbandierare alle demoralizzate truppe, d'additare agli operai in sciopero in fabbrica, da pubblicare su tutti i giornali. Il clima disfattista andava combattuto con un'azione eroica. L'azione di Rizzo con i MAS non esponeva a particolari rischi l'esercito italiano permettendo al contempo di “forzare” il confronto sui mari, sul quale pesava la sconfitta bruciante di Lissa.

C'era in tal senso una profonda ironia: un'azione che si voleva “eroica”, “radiosa”, venne compiuta con l'ausilio della tecnica (la novità dei MAS), nel buio (la notte) e nel segreto (l'infiltrazione, il lancio del siluro...). Gli stilemi roboanti erano rimasti fermi al mito della bella guerra, del conflitto di stampo napoleonico; ma nella realtà l'esercito sabaudo aveva sperimentato una nuova strategia militare. L'azione di Rizzo in questo contesto rientra perfettamente nell'uso dei gas di trincea, dei reticolati, delle mitragliatrici, dei raid notturni, dei sommergibili…
Una guerra “nuova” lontana da ogni romanticismo. 

 


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