28 maggio 1872. Valentino Pittoni, l'uomo dietro il socialista. Ricordi d'un triestino austriaco.

Di Zeno Saracino.

Correva il 28 maggio 1872 quando nacque in Friuli Valentino Pittoni, oggigiorno ricordato a Trieste per il ruolo d'infaticabile guida dell' “imperial-regio” socialismo triestino a inizio '900. Valentino Pittoni fu contemporaneamente lo spauracchio dell'irredentismo che lo bersagliò senza sosta dai propri giornali, ritenendo inconcepibile che un triestino di nazionalità italiana affermasse con entusiasmo l'essere a-nazionale di Trieste; al contempo lo stesso Pittoni racchiuse bene nella sua figura le difficoltà del socialismo del Litorale austriaco, continuamente “nel mezzo” delle lotte nazionali. È a questo proposito interessante prendere in esame l'inizio della carriera di Pittoni e la fine, accomunate da un sostanziale disinteresse della storiografia che solitamente preferisce concentrare la propria attenzione sul periodo ante guerra. Valentino Pittoni, come tanti altri futuri socialisti triestini, passò infatti l'adolescenza nella Società Operaia Triestina (SOT), la quale, nata nel 1869, era ancora un lascito del populismo e dei moti liberali quarantotteschi. Formalmente una società di mutuo soccorso aperta a tutti coloro che fossero lavoratori, la Società esercitò un ruolo di spicco negli anni centrali dell'ottocento, muovendo le prime rivendicazioni a favore della classe operaia di Trieste. La sua derivazione di carattere garibaldino e mazziniano – il nucleo era infatti costituito da esuli triestini che avevano ottenuto il perdono di Francesco Giuseppe – le impediva di condurre una reale lotta di classe; eppure non si può negare che volesse sinceramente supportare gli artigiani e il proletariato, specie sotto il profilo culturale e ospedaliero.

Pittoni, come tanti altri, frequentò gli ambienti della SOT recuperandone l'elemento cooperativo e mutualistico; quella “calda solidarietà” tra lavoratori che connotò sempre la sua azione tanto come dirigente del partito socialista, quanto come uomo che rinunciava alla propria vita personale e ai propri affetti per aiutare i “compagni”. Mentre in altre città e in altri paesi il socialismo scientifico si ammantava di razionalismo e ragionamenti partitici, Pittoni mantenne sempre nei rapporti umani un affetto e una vitalità che non disdegnava l'aiuto diretto, il mettere a disposizione il proprio tempo e denaro al servizio altrui. Quest'aspetto “mutualistico”, volto a interessarsi anche dei più bassi problemi dei colleghi delle cooperative socialiste, trovava molteplici espressioni.

Ad esempio nel febbraio 1905 Pittoni propose “un progetto di cucine collettive... per procurare migliori cibi alle famiglie e rendere possibile alle stesse di usufruire del corrispondente tempo all'educazione dei figli, pulizia e igiene…”

Nel 1908, in un momento di gravi difficoltà finanziarie per il giornale “Il Lavoratore”, Pittoni prese in considerazione la costituzione di un istituto di credito di carattere operaio.

Nel 1903, onde rendere possibile l'apertura del primo spaccio di alimenti per le famiglie operaie, Pittoni portò al Civico Monte di Pietà i gioielli della sorella.

Quale direttore delle “Cooperative operaie”, non importa quale fosse il tempo, Pittoni si recava sempre a trovare i propri soci: “allora... quando pioveva si affondava nel fango, che poi una giornata di Bora trasformava in polverone... Si era fatto un equipaggiamento speciale: giacchettone impellicciato, berretto di pelo, pantaloni alla scudiera e stivali alti […] e compiva il non breve percorso più di una volta al giorno”.

Il mutualismo e il solidarismo ricompaiono negli ultimi anni di vita, trascorsi dall'estate 1923, in quella Vienna nella quale mai aveva pensato di ritornare. L'esperienza a Milano si era infatti rivelata un tragico fallimento; e fu nella capitale dell'(ex) impero che l'anziano Pittoni ritrovò un po' di conforto.

Grazie all'appoggio del borgomastro Seitz, Pittoni entrò nell'amministrazione dell'Arbeiter Zeitung e delle aziende viennesi del partito. La sua esperienza pluridecennale di direttore giornalistico diede qui i suoi frutti, perché seppe rilanciare il giornale, devastato dall'inflazione galoppante, e risolvere i debiti della redazione con un apposito giornale popolare “per signore”, il Das Kleine Blatt, di grande successo.

“Egli fece della nostra casa editrice una delle più importanti aziende che esistono in questo campo in Austria” (1933).

Nella Vienna rossa Pittoni intratteneva una corrispondenza epistolare con Filippo Turati che si era rifugiato a sua volta a Parigi. Una delle lettere è in tal senso significativa della situazione in cui si ritrovava il triestino: “In sostanza che abbian capito i nostri bisogni e si sieno interessati davvero, anche materialmente, ossia a suon di quattrini – che sono il vero socialistometro e antifascistometro – della nostra lotta antifascista, non ci sono, o almeno non ci furono fino a ieri, che i compagni austriaci; un po' certamente per l'influenza personale tua e di Ellenbogen, un po' perchè vi sentite anche voi da presso dal flagello che colpì noialtri”.

Nello stesso periodo all'influenza di Pittoni, ricordò un triestino, “si deve anche in gran parte l'erezione del Matteotti Hof fatto dal Comune di Vienna”. L'eredità di Valentino Pittoni, alla morte, quale socialista non dell'Italia, quanto di Trieste e Vienna, di quell'impero austriaco ormai scomparso, viene efficacemente riassunta dal discorso di commemorazione del socialista viennese W. Ellenbogen, a suo tempo il punto di contatto tra i partiti italiani e austriaci: Il movimento operaio italiano, date le sue caratteristiche politiche e nazionali del popolo italiano e della sua storia, ha sempre avuto un carattere e un'organizzazione differenti da quello dei paesi di lingua tedesca... Nei paesi latini, il movimento operaio fa per lo più l'effetto di essere costruito sulla sabbia... L'irredentismo aveva creato costì un'atmosfera molto sfavorevole agli interessi veri e propri del proletariato... È stata una fortuna inaudita... un uomo come Valentino Pittoni. Questo giovane biondo, originario del Friuli... dove da secoli il sangue romano e longobardo si mescolano... rappresentava con la sua fredda intelligenza e il suo spirito pratico una roccia nel mare scatenato degli slanci passionali dei lavoratori del Litorale... Egli creò l'unità indissolubile, secondo il modello tipicamente austriaco, tra il movimento politico e quello sindacale, al quale aggiunse poi il movimento cooperativo... Riuscì a far sì che le idee marxiste, pressoché ignorate dal proletariato italiano e per esso difficilmente comprensibili, divenissero il contenuto ideologico centrale del movimento... La sua lotta contro l'irredentismo fu una delle azioni più gloriose... nella storia del movimento operaio austriaco... Egli addestrò l'operaio italiano al lavoro organizzativo minuzioso... Egli forgiò, in breve, il movimento secondo il modello del socialismo tedesco... un'organizzazione sotto molti aspetti complicata, ma equilibrata... un corpo... in cui ogni singolo organo conduce una vita propria... Impresse letteralmente al Litorale la fisionomia del suo spirito... Le previsioni politiche di Pittoni, cioè che un'eventuale annessione di Trieste all'Italia avrebbe significato la morte della città dal punto di vista economico, si sono testualmente avverate... Profondamente sconvolto dalla spaventosa decadenza della cultura italiana, del diritto e del socialismo, minacciato di morte, privato di ogni feconda attività, ritornò in Austria. A questa sua decisione deve aver sicuramente contribuito l'intima affinità della sua natura col modo di pensare e di sentire dello spirito austro-tedesco... Con l'italiano Pittoni scompare, per i socialdemocratici tedeschi, uno di loro”.

L'arringa di Ellenbogen non è certo un ritratto imparziale di Pittoni; egli viene descritto come un uomo “dell'impero” e c'è un innegabile punta di razzismo verso l'Italia e i paesi mediterranei. Compare inoltre un autocompiacimento nei confronti di Trieste, la cui crisi economica dell'epoca confermava perfettamente la tesi della sua dipendenza dal bacino austro-tedesco. Eppure piace ricordare Pittoni in questo modo: come un socialista austro-tedesco che cercò fino alla fine di portare avanti la propria idea di una Trieste e un Litorale internazionale, in sintonia con quell'Austria la cui capitale gli aveva infine fornito conforto e riparo.

Fonti: Elio Apih, Valentino Pittoni fra Austria e Italia, in Quaderni Giuliani di Storia, Anno IV, N. 1 – Giugno 1983


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