20.9.2022: cerimonia di consegna dei Premi Cergoly

 

Foto di Annalisa Di Fant
 

Se l’Austria non ci fosse, bisogneria inventarla”. 

Di Zeno Saracino

Si è tenuta martedì 20 settembre 2022, ore 18, nella storica cornice del Museo della Comunità ebraica di Trieste “Carlo e Vera Wagner” la sesta edizione del Premio Cergoly, dedicato alla memoria dello scrittore e poeta Carolus Luigi Cergoly (1908-1987). Il concorso mira a premiare opere che celebrino, in accordo con la mentalità di Cergoly, il carattere a-nazionale, pluriculturale e plurilinguistico della città di Trieste/Trst/Triest e del Litorale Austriaco. L’edizione 2022 si è caratterizzata per l’alta qualità - accademica, persino - delle opere proposte, quasi tutte tesi di ricerca della facoltà umanistica della locale Università degli studi di Trieste (UniTs). L’iniziativa rappresenta il maggior successo del Club Touristi Triestini (CTT), associazione escursionistico-naturalistica che mira ad evidenziare il carattere multiculturale di una Trieste che si rifiuta italiana per negazione delle altre componenti, si rifiuta povera e redenta. 


A fronte di una sala gremita di gente e di autorità, ha preso la parola la vice presidentessa Paola Alessandra Alzetta, la cui profonda conoscenza dell’israelitico ha permesso di congiungere idealmente il CTT con il Museo della Comunità ebraica che ha gentilmente invitato la manifestazione nei suoi spazi. Alzetta ha ricordato infatti di avere “un piede nel Museo per interessi culturali”, ma “tutti e due i piedi nel CTT” del quale è socia da diversi anni. La Comunità ebraica, ha ricordato Paola Alzetta, è sempre stata una parte integrante della caleidoscopica identità triestina; la città apparirebbe “inimmaginabile senza il suo contributo culturale e scientifico”. 


Il dott. Davide Belleli è poi intervenuto quale vicepresidente della Comunità ebraica di Trieste, in sostituzione del presidente Alessandro Salonichio; Belleli ha ricordato come Cergoly fosse sempre stato particolarmente sensibile nei confronti degli israeliti di Trieste, dimostrando una conoscenza della cultura giudaica rara nel suo genere. Le poesie stesse approfondiscono questo rapporto, individuando le diverse tappe della distruzione della Comunità tra gli anni Trenta e Quaranta, con l’importante svolta delle leggi razziali del 1938.


Dietro invito della moderatrice

Loredana Gec, è poi intervenuto il presidente del CTT Alessandro Sgambati il quale ha osservato come quest’anno la giuria abbia lavorato bene insieme (“una macchina meravigliosa”).
Lo statuto del CTT prevede esplicitamente la pace come valore fondante; questo è un valore che ritorna d’attualità considerando come “la guerra sia alle porte dell’Europa”. Il Premio Cergoly, ha osservato il presidente, è “un piccolo mattoncino nella costruzione di un ponte verso i nostri vicini” affinché si promuova la comprensione e, se non proprio l’amore, almeno il rispetto reciproco. Cergoly, ha ricordato Sgambati, vedeva il nazionalismo come una malattia, un imbarbarimento, la fonte d’ogni guerra novecentesca.
"Dall'umanità alla nazionalità e dalla nazionalità alla bestialità" ha ricordato Sgambati, citando il famoso verso di Cergoly. 


Dopo aver ringraziato la Ro.Ro. Tranship di Stefano Visintin, generosa contributrice del Premio, Loredana Gec ha ceduto la parola al giornalista e neo presidente del Circolo della Stampa Luciano Santin che ha ricordato la statura e l’importanza di Carolus Cergoly, rilanciando l’idea se non di una statua, quantomeno di una targa che lo ricordi “nella pietra”. 


Il giornalista Pierluigi Sabatti, quale presidente dell'Istituto di storia della Resistenza, ha poi preso la parola ricordando come Cergoly avesse scritto “versi splendidi sugli ebrei, specie nel volume Latitudine Nord”. Il premio Cergoly, considerando le elezioni ormai prossime e il clima internazionale turbolento, va decisamente controcorrente; e proprio per questo è più che mai necessario. 


Non mancavano i rappresentanti delle tante comunità di Trieste; e in rappresentanza di quella croata è intervenuto il dott. Damir Murković che ha sottolineato l’importanza di “costruire un presente e un futuro per le generazioni a venire” proprio attraverso queste iniziative, affinché essere “testimoni di questo tempo senza lasciare solo l’ombra del nostro passaggio".


È poi giunto il momento del Premio in sé, dinanzi alla nutrita giuria. Il difficile compito di giudicare quali opere premiare è stato affidato ad un variegato gruppo di intelletti composto dal prof. Piero Purich, il dott. Daniele Furlan, la dott.ssa Loredana Gec, il prof. Alessandro Radmilovich (it. Ramillo) e la dott.ssa Giulia Stibiel


Proprio quest’ultima, nella qualità di presidentessa della giuria, ha lamentato l’abbandono del dialetto triestino da parte dei più giovani; i genitori lo parlano, i figli no e, in fondo in fondo, non se ne capisce bene il motivo, specie se l’alternativa è quell'italiano televisizzato ormai imperante. Eppure, nonostante tre opere su quattro fossero "scritte da foresti”, Stibiel ha osservato che erano “tutte pienamente in linea con l’ideale cergoliano”.


Dopo aver rapidamente delineato il contenuto dell'unica opera d’un triestino, cioè “Trieste crocevia di culture” di Matteo Pasinato, è stato conferito il secondo posto all’opera “Gli ebrei polacchi nella Comunità ebraica di Trieste 1938-1942”, della dott.ssa Benedetta Fabrucci.
Come illustrato dalla stessa autrice, l’opera tratta le migrazioni degli ebrei polacchi in fuga dai brutali progrom e persecuzioni dell'Europa orientale, dalla Russia sino alla Galizia. Proprio Trieste in questo contesto fu, di nuovo, la porta di Sion per dirigersi verso o Israele o gli Stati Uniti. Una fuga presto congelata, bloccata dal regime fascista: proliferò allora un mercato nero dei visti, un affollarsi disperato di uomini e donne testimoniato dal censimento del 1938.
Si colloca invece al primo posto ex aequo l’opera della dott.ssa Gloria Pilastro “La Comunità ebraica di Trieste: ricominciare dopo la Shoah (1945-1947)”. Il lavoro della Pilastro è una tesi magistrale volta a indagare, in alcuni casi attraverso interviste ai sopravvissuti, le vite della comunità ebraica di Trieste nel secondo dopoguerra. I triestini di fede ebraica, di ritorno nell’irriconoscibile Trieste sotto amministrazione alleata, faticosamente ricostruirono le vite perdute, tra sensi di colpa, nuove povertà e una convivenza difficile. A confronto coi legacci e i divieti della burocrazia italiana, l'amministrazione angloamericana del Territorio Libero di Trieste facilitò fino al 1954 per molti di essi il ritorno alla casa d’un tempo o li aiutò economicamente, dando quel supporto fattivo mancato invece in Italia.
Ultima nella rassegna, ma anch’essa primo posto ex aequo infine l’opera della dott.ssa Francesca Massaro, intitolata “Il contributo di Trieste alla Rivoluzione ellenica”. Si tratta di una tesi triennale condotta con inusuale rigore metodologico e approfondimento bibliografico, volta a indagare i rapporti tra Trieste e la causa della nazione greca nell’ottocento. Non a caso la tesi è stata pubblicata a due secoli dalla rivoluzione ellenica (1821-2021). 

La giuria ha apprezzato la descrizione della Trieste quarantottesca, ritratta con toni vividi; sebbene vada osservato che il filone risorgimentale era decisamente lontano dalla natura cergoliana. È intervenuta, in quest’occasione, l’assessora alla cultura della Comunità greca, dott.ssa Maria Kassotaki che ha nuovamente sottolineato il legame ancestrale con Trieste.

Prima della cena conviviale con le vincitrici - questa infatti è la prima edizione del concorso Cergoly interamente al femminile - è seguito un concerto di musica del cantautore Fulvio Bozzetta alla chitarra, del musicista Piero Purich al sassofono, introdotti dagli struggenti versi di Matteo Verdiani. Bozzetta ha infatti tentato l’ardua impresa di “musicare” le spericolate poesie di Cergoly con un recente album, intitolato “Simpatico mi”. Versi futuristi, riflessioni nostalgiche, zingaresche mescolanze di dialetti, lingue, suoni. Nonostante il rimpianto per la Monarchia asburgica, un repertorio molto novecentesco, molto “sofferto” e malinconico.

Chissà se Carolus Cergoly l’avrebbe apprezzato; in ogni caso il “pianeta Trieste” ha ascoltato ed applauso entusiasta. 

 


Voi che no gavè leto de Vida de Duin

sposada de tre mesi

scampada a Fiume con certo Morin

de nuvoli in marina fermi sul Ponte rosso

de merli de graia in dolina e de strighezi


De Frane partigian senza una man

che tanto una basta per bever e far l’amor

e per tirarghe piere a ustascia e fassisti

de kolo rakija e sangue su la Neretva rossa


Voi che no gavè leto dei Pakitz e de Franz Roth

del sangue de Gustin copà coi manganei

de finestre disperade intorno la Risiera

de sberle de mar e urli de Bora

de bira vichinga e turbanti levantini

de sangue de dragon e cavale lipizane

de strade tute incontri e mussoli ai cantoni


Voi che no gavè leto de diavoli in tormento

de mar sporcà de luna maladiza

de Carso incapotà rosso somaco

dei tui cavei … che fazo togne

del crac del Lloyd in borsa de un colpo de revolver

de done bele come nuvole

Cinzia Velinka Angela Bon Malvina

e ancora Lia Beatrice Orsetta e Bettina

de Paola Pakitz morta a Mathausen

de lagrime e sangue che piovi su Trieste

del camin de la Risiera che buta fumo de ogni color

perché stava brusando Gino Parin ebreo e pitor


Voi che no gavè leto de tera e ponti rossi

de jazo de Postojna per far sorbeti

de vin torchià a Vipaco e lupolo per la Dreher

voi de questa Trieste … cossa volè saver?


Voi botegheri portaborse e banchieri

voi intelighenzia de opereta

capel in man che entra el nostro fradel più vecio

Carolus Cergolj

el Garcia Marquez de Ponte rosso.


Fulvio Bozzetta

 

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