30 settembre 1382: Dedizione di Trieste all'Austria. Un quadro storico.

 


30 settembre 1382: Dedizione di Trieste all'Austria. Un quadro storico.

Di Zeno Saracino

L'evoluzione di Trieste, superata la fase della colonia romana, appare tra alto e basso medioevo strettamente connessa con il suo ruolo di sede ecclesiastica suffraganea dell'arcivescovato di Aquileia. In altre parole, le prime basi dell'autonomia triestina appaiono connesse all'ordinamento vescovile, dalla cui base si sviluppano le premesse per quella fiera autonomia caratteristica della città. Specificatamente, all'interno delle lotte per il regno d'Italia, è uno dei concorrenti alla successione, Lotario, a concedere nel 984 al Vescovo di Trieste e ai suoi successori l'esercizio pieno ed esclusivo delle funzioni pubbliche della città, all'epoca circoscritte alla zona “murata” e a un contado circostante di quattro chilometri e mezzo. Successivamente, nella seconda metà dell'XI secolo, un gruppo di abitanti si riunisce in Comune per la gestione dei beni pubblici, rivendicando una sovranità compresa tra Longera, Sistiana e il mare.

La progressiva presa di coscienza cittadina si muove in uno scenario regionale dominato da forze ben più potenti, a partire dai Conti di Gorizia, di Duino e soprattutto da una Venezia che vive un periodo di eccezionale espansione economica e militare. E proprio la Repubblica Marinara impone, durante l'infamia della quarta crociata che la vedrà saccheggiare Bisanzio, un patto di
fidelitas (1202). Verso i primi anni del XII secolo la città annovera all'incirca duemila abitanti.
La crescita della città si accompagna, come in tanti comuni medievali del periodo, a un moltiplicarsi degli statuti che giungono a costituire un corpo statuario articolato e corposo che si può definire ormai completo nel 1318. A seguito del fallimento della Congiura dei Ranfi (1313), il governo comunale rifiuta il modello della signoria, preferendo un governo collegiale destinato a trasformarsi in quel patriziato sinonimo della “vecchia” Trieste.
Verso il 1350 paradossalmente Trieste ha una forma di governo non così diversa da quella veneziana: il Podestà governa con tre giudici, affiancato da un Consiglio di 150 cittadini eletti su base ereditaria e vitalizia; a ciò si aggiunge un Consiglio “dei sapienti” composto dagli stessi consiglieri scelti ad hoc dai giudici. Si tratta di un modello che già dimostra una (doppia) influenza: aristocratica, nella presenza dei giudici e del Podestà; e oligarchica, grazie alla struttura ristretta del Consiglio. Il Comune nel frattempo era cresciuto fino a raggiungere le cinquemila anime con una graduale espansione nella zona dell'attuale Corso Italia; predominava un'economia basata sui settori del sale, del vino e dell'olio.

In questo contesto non è la crescita di Trieste ad attirare le ire della Serenissima, ma la competizione per il predominio regionale ad opera di due potenze locali, una vecchia e una nuova: il Patriarcato di Aquileia tenta di ristabilire i propri privilegi nei confronti dei feudatari; mentre la casa reale d'Asburgo inizia a farsi notare per forte presenza territoriale tra Carinzia, Stiria, Tirolo e Carniola.
Tanto per Aquileia, quanto per gli Asburgo questo piccolo
Comune affacciato sul mare ha un'importanza strategica e ideologica; e prima che possano annetterlo ai propri domini, Venezia muove d'anticipo. Le truppe veneziane invadono il contado di Trieste, la cingono d'assedio: la milizia urbana viene facilmente sconfitta e la città obbligata a firmare un nuovo patto di subordinazione.
In quello stesso anno – il 1369 – Trieste si propone agli Asburgo per la prima volta, dichiarando ai duchi che i territori triestini sono
loro domini naturales et hereditarii”. Ma la casa reale non interviene, preferendo mercanteggiare con Venezia.
Ciò non di meno è questa prima guerra a sancire una svolta nella storia della città, perchè le antipatie nei confronti della Serenissima crescono larg
hissimamente. La sconfitta della flotta veneziana ad opera di quella genovese (1379) e le alterne vicende della guerra di Chioggia consentono a Trieste di riconquistare l'autonomia umiliata dai patti di subordinazione. Il Consiglio triestino guarda pertanto a come consolidare la propria libertà, prima che la Serenissima riacqusiti forza e insanguini nuovamente le strade cittadine. Il primo tentativo è nei confronti del Patriarcato di Aquileia (luglio 1380); una potenza molto più vicina e “amica” rispetto agli Asburgo. Ma il tentativo funziona a metà; da un lato, quando ve ne sarebbe necessità, non giungono aiuti; inoltre il Patriarca, il principe tedesco Marquardo, muore l'anno successivo (3 gennaio 1381).


Trieste ritorna pertanto a guardare agli Asburgo; e di propria volontà, tanto “in” autonomia, quanto “per” l'autonomia, elabora un atto di dedizione. Il primo giuramento verso il duca Leopoldo viene stipulato nell'agosto del 1382; la dedizione verrà poi accettata dalla casata d'Asburgo a settembre.
Si tratta di una mossa significativa non solo per l'atto della dedizione, ma per il suo destinatario: a differenza che con Aquileia o con i comuni medievali, il riferimento stavolta è un'autorità “imperiale”. Non si tratta più di un doge, di un Podestà, persino di un'autorità ecclesiastica: gli Asburgo sono l'incarnazione stessa di un potere per sua natura sovranazionale. Un'autorità che supera di slancio le diverse entità rionali, cittadine, comunali, persino regionali.

Si è cercato lungamente di svalutare la Dedizione comparandola ad altri patti di subordinazione compiuti con Venezia o con gli stati vicini. Tuttavia solamente nel caso degli Asburgo la Dedizione è nei confronti di un'entità sovrastatale, capace di superare le “piccolezze” dei governi locali.
In tal senso Trieste conquista per la prima volta una dimensione europea, esplicitamente preferendo un principato territoriale che già esercitava il suo dominio su più popoli e più etnie. Contemporaneamente quest'identica scelta consente a Trieste di conservare la propria autonomia, i propri privilegi, le proprie consuetudini: dall'infinitesimamente grande degli Asburgo deriva l'infinitesimamente piccolo dell'autonomia di Trieste. Dopo un periodo di stasi legislativa che corrisponde non a caso all'egemonia veneziana, Trieste riparte ad approvare leggi e ad aggiornare il proprio corpo statuario, delineando le basi di quello che diverrà il Patriziato dell'età moderna.
E riconnettendosi all'autonomia di Lotario – legata al potere vescovile – sono proprio i festeggiamenti religiosi nell'occasione di San Giusto, all'epoca festività del 2 novembre, a essere un'occasione per esibire pennoni e bandiere d'un colore nuovo: bianco e rosso, araldica dell'Austria. 

 

Bibliografia:

Benedetto Lonza, La dedizione di Trieste all'Austria, Trieste, Libreria internazionale Italo Svevo, 1973
1382: appunti sulla dedizione di Trieste al Duca d'Austria, testo della conferenza tenuta il 16 ottobre nella sala “Silvio Benco” della Biblioteca Civica di Trieste, Italo Svevo, 1982

Paolo Cammarosano, Trieste nell'Italia delle città e la Dedizione all'Austria del 1382 in Medioevo a Trieste: istituzioni, arte, società nel Trecento: atti del convegno, Trieste, 22-24 novembre 2007

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