11 aprile 1920: nasce Marlen Haushofer

Oggi, 5 novembre, inizio la mia cronaca. Annoterò tutto con la massima precisione possibile. Ma non so neppure se oggi sia veramente il 5 novembre. Nel corso dell’ultimo inverno ho smarrito alcuni giorni. Non sono in grado di dire che giorno della settimana sia. Credo però che ciò non abbia molta importanza. Devo basarmi su appunti succinti; succinti, perché non contavo mai di scrivere questa cronaca e temo che nel ricordo molte cose si presentino diverse da come le ho realmente vissute.
Forse questo difetto è inerente a tutte le cronache. Non scrivo per il gusto di scrivere; vi sono costretta dalle circostanze, se non voglio perdere la ragione. Non c’è nessuno che possa preoccuparsi o aver cura di me. Sono completamente sola e devo tentare di sopravvivere ai lunghi, bui mesi dell’inverno.” (1)


Con questo breve estratto dal suo romanzo “Die Wand / La parete” vogliamo oggi ricordare Marlen Haushofer nel centesimo anniversario della nascita.
La protagonista sopravvive solitaria in una baita nelle montagne austriache con una gatta, un cane e una mucca. Una parete trasparente ha ritagliato un piccolo mondo alpino dal resto del mondo. Fuori ogni essere vivente è morto. Non si conoscono le cause di questo fenomeno.
Vogliamo ricordarla perché, anche se distante dal nostro Litorale, c’è un po’ di Marlen Haushofer nelle escursioni del Club Touristi Triestini, nella ricerca di ambienti puri, incontaminati, lontani dal rumore e dalla contaminazione; in queste nostre gite quasi solitarie per antichi sentieri abbandonati dove non si incontra nessuno e quando si raggiunge la vetta, si guarda giù verso la città lontana, senza poter più distinguere se qualcosa ancora si muova. C’è un po’ di Marlen nelle nostre vacanze in baite isolate nei boschi della Krajnska, nelle nostre esplorazioni alla ricerca di incontri con l’orso. C’è tanto di Marlen nel nostro amore per la natura e nel nostro disappunto per il comportamento dell’uomo.


(1) Testo tratto da “La parete” di Marlen Haushofer nella traduzione di Ingrid Harbeck, edito nel 1993 dalle edizioni e/o

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